“Il nostro Paese – denuncia Massimo Cestaro, segretario generale Slc Cgil - non riconosce il valore della conoscenza e condanna intere generazioni e professionisti a lavorare in condizioni inaccettabili. Così si impoverisce il mondo dell’ editoria italiana e si allontanano saperi, competenze e capacità”.
Un commento inequivocabile ai dati della ricerca “Dalla parte dei traduttori” voluta da Slc Cgil e realizzata dall’Ires Emilia Romagna e presentata oggi a Roma.
Il 55,5% dei traduttori editoriali ha un’età compresa tra 25 e 39 anni e la maggior parte di loro guadagna meno di 15 mila euro (59,3% ).
Tra loro le donne sono l’81,5%, una presenza record rispetto al dato nazionale de 41% di occupazione femminile. Ma queste donne, più di sei traduttrici su dieci (il 64,4%) percepiscono una retribuzione lorda annuale inferiore ai 15mila euro a fronte del 36,7% degli uomini nella medesima condizione (quasi ventotto punti percentuali di differenza, a svantaggio della componente femminile).
Anche i giovani traduttori - under35 - guadagnano davvero poco: più del 68% di loro percepisce redditi inferiori ai 15mila euro annui.
Per poter sopravvivere il 54,8% dei traduttori dichiara di svolgere almeno un altro lavoro.
Il 18,6% ha dovuto accettare di lavorare in nero e l’84% non vede nessuna prospettiva di sviluppo di carriera.
Eppure tutti loro hanno studiato a lungo per esercitare la loro professione: il 91,4% ha un titolo uguale o superiore alla laurea e, uno su tre, ha titoli post-laurea come Master e dottorato di ricerca. Tra tutti i lavoratori italiani solo il 18,7% ha questi livelli di istruzione.
“Queste nostre condizioni - sostiene Daniele Petruccioli, della segreteria nazionale di Strade (Sindacato traduttori editoriali) - ci hanno spinto, nonostante lavoriamo in solitudine e in tanti luoghi diversi, ad organizzarci in un soggetto collettivo. Per noi questo è un risultato importante che dimostra il forte bisogno di riconoscimento professionale ed economico”.
Infatti il 61,7% dei traduttori che lavora per più committenti e il 68% dei monocommittenti hanno redditi inferiori ai 15 mila euro lordi l’anno.
Il lavoro del traduttore, inoltre, risulta caratterizzato da ritmi di lavoro serrati, scadenze prefissate e poco flessibili che portano spesso al superamento della soglia convenzionale delle 40 ore lavorative settimanali (76,6 per cento).
Ma quando descrivono il proprio lavoro, tra i traduttori prevale la risposta: è un “mezzo per realizzare te stesso”.
“L’amore per il proprio lavoro può diventare una spinta per cambiarne le condizioni – afferma Elena Lattuada, segretaria confederale Cgil – . A questa spinta noi dobbiamo rispondere includendo nella nostra azione sindacale e contrattuale anche le realtà professionali meno tutelate e riconosciute come i traduttori per garantire loro un sistema universale di tutele sociali”.
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