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Finalmente, dopo quasi un anno dalla scadenza naturale della Concessione di Servizio Pubblico Radiotelevisivo, il Consiglio dei Ministri ha presentato un testo con il conferimento e la durata della Concessione.

Riteniamo positivo che lo si attribuisca alla Rai, per 10 anni, definendo l’azienda come unica concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale.

Ciò che resta però come nodo cruciale e irrisolto è quello delle risorse.

A fronte di obblighi da parte della Rai, con tanto di penali, non c'è un concreto impegno ad assicurare le risorse indispensabili, anche nel medio lungo periodo.

Questa incertezza lede autonomia e indipendenza della gestione aziendale, così come anche affermato in audizione dall’AgCom nella giornata del 16 marzo.

Lesione aggravata dalla forte ingerenza del Governo che emerge dallo schema di Convenzione: le verifiche imposte su efficientamento, piano editoriale, asset societari, limiti all’azione commerciale  e strutture produttive, prefigurano una intromissione diretta del governo - neanche del Parlamento - nella gestione dell'azienda.

Rimane poco chiaro, in riferimento al testo di legge c.d. “Fondo per il pluralismo”, a quali e da parte di chi la Rai dovrà essere sottoposta a verifiche in seguito alla scadenza dei 10 anni per ricevere una ulteriore attribuzione.

Riteniamo altresì positivo che la Convenzione abbia durata decennale.

  1. Autonomia del Servizio Pubblico Radiotelevisivo

Riscontriamo che permane, come nella precedente normativa c.d. “Riforma Rai” e “Fondo per il Pluralismo”, un eccessiva presenza del Governo nella “gestione” dell’azienda Rai, condizione che si esplicherà in particolare con interventi  governativi sull’assetto societario, sull’attività editoriale e sull'attività di produzione.

Sono del resto previsti controlli di carattere economico ed anche degli impianti dedicati alla trasmissione del segnale.

In questo senso riteniamo che si riduca ulteriormente l’autonomia funzionale di Rai S.p.A.

Rimane il nostro dubbio sull’assetto di Governance e sulla presenza preponderante del Governo: condizione amplificata dall’assenza di pesi e contrappesi definiti nel precedente schema di Convenzione. Marginale la funzione del Parlamento, delle associazioni e delle organizzazioni sindacali.

  1. Autonomia economica del Servizio Pubblico Radiotelevisivo

Rimane fortemente limitante la regolazione delle risorse pubbliche e private a disposizione della concessionaria Rai, anche alla luce delle risultanze della contabilità separata. Infatti:

  • Il Canone non è interamente dedicato e l'importo può essere modificato ogni anno.
  • La pubblicità potrebbe venire ridotta in funzione dei limiti quantitativi definiti dalla normativa per ogni rete.
  • Non è chiaro, al di là delle convenzioni stipulabili a livello regionale o provinciale, se rimarranno una serie di “convezioni pubbliche” dedicate ad attività richieste sia nella precedente che nell’attuale Convenzione o se i valori economici sono da considerarsi ricompresi nella “quota di canone”.
  • Si stabilisce una diversificazione netta tra attività di servizio pubblico e commerciale ma si pone un limite quantitativo a quest’ultima.

Dal combinato disposto dei limiti posti alle entrate da canone, alle entrate pubblicitarie o commerciali, si prefigura una azienda con risorse bloccate. Le entrate potranno infatti variare sino ad un massimo già definito per legge e potranno essere ridotte da scelte dei diversi Governi o dagli effetti di mercato.

Questa impostazione riduce la Rai ad essere marginale nel sistema radiotelevisivo e incapace di competere anche con le aziende pubbliche del resto d'Europa.

In sintesi questa Rai, non avrebbe nulla a che vedere con la BBC continuamente citata anche nei processi di riforma del servizio pubblico del nostro paese.

Con questo nuovo assetto, la riduzione del canone prodotta con la legge di bilancio del 2016, la Rai già sul 2017 avrà seri problemi a tenere le attività oggi in essere, impensabile immaginare uno sviluppo che invece nella convenzione si chiede e si pretende.

Canone

Per meglio chiarire la nostra posizione sul finanziamento pubblico va detto che: la legge di Bilancio 2016 (28 dicembre 2016 n. 208) al comma 160 dispone che : “ Per gli anni dal 2016 al 2018 le eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone di abbonamento alla televisione  rispetto alle somme già iscritte a tale titolo nel bilancio di previsione  per l’anno 2016 (c.d extragettito) sono riversate all’ Erario per una quota pari al 33%  del loro ammontare per l’anno 2016 e del 50% per gli anni 2017 e 2018…”

Pertanto, concluso tale periodo, la raccolta del canone di abbonamento “ritornerebbe” ad essere destinata complessivamente alla concessionaria del servizio pubblico.

Sulla base di tale premessa, appare ancor di più di dubbia interpretazione e critico il comma 1 dell‘ art.13 “Finanziamento del servizio pubblico” della Convenzione- Concessione (di durata decennale), laddove utilizza l’espressione “Il costo delle attività’ derivanti dal servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e’ coperto dal versamento di una quota del canone di abbonamento ….”. Principio che in ogni caso sarebbe limitato al solo triennio 2016-2018 e la cui disciplina e’ già specificamente prevista nella citata legge di bilancio 2016.

Si ritiene opportuno proporre, considerata la durata decennale della Convenzione e la sostanziale natura di “imposta di scopo” del canone, la soppressione del termine “quota” , richiamando la formulazione del Testi Unico secondo cui il costo del servizio pubblico e’ coperto dal canone di abbonamento. E’ l’eventuale eccedenza della raccolta – dopo la copertura – ad essere (potenzialmente) destinata ad altre finalità.

Con il mantenimento del termine “quota di canone “  inoltre ci si esporrebbe al rischio del riconoscimento di un frazione del canone che poi  – come noto – sarebbe ulteriormente decurtata dalle previste ulteriori componenti di legge. Si ricorda infatti che la “quota del canone di abbonamento” da riferire alla concessionaria  e’  “lorda” tenuto conto che comprende anche IVA, Tassa di concessione governativa e prelievo del 5% a titolo di spending review (prelievo permanente introdotto con la legge di bilancio 2015, dopo il prelievo forfettario di 150 milioni di euro operato sulla raccolta del canone 2014).

Sempre in tema di Finanziamento infine si ripropone l’opportunità’ dell’inserimento all’interno dell’art 13 della Convenzione del principio della stabilità della risorsa pubblica nel quinquennio di validità del Contratto di servizio, imprescindibile presupposto per una sostenibile pianificazione industriale ed editoriale, ispirata a criteri di razionalizzazione ed efficientamento.

 La rete trasmissiva e la copertura del territorio

Si intuisce dal testo che il Governo intende procedere ad una trasformazione del sistema di diffusione e trasmissione: la trasformazione però non chiarisce la distribuzione dei costi, le modalità di riassetto delle società, il ruolo della concessionaria rispetto alla controllata Rai Way, società che, ricordiamo, il Governo indirizzò verso la collocazione in borsa e la privatizzazione.

Dire che la Rai (presumibilmente tramite Rai Way) deve coprire il 100% della popolazione e garantire la fornitura del servizio senza interruzioni o sospensioni implica una trasformazione straordinaria del sistema trasmissivo, questo vale per la TV come per la Radio. Non è un'operazione marginale ed ha un costo tecnologico, infrastrutturale e del lavoro elevatissimo o la costituzione di un nuovo asset (pubblico) che avrebbe comunque un costo insostenibile per la sola Rai.

 

  1. Asset aziendale e attività di servizio pubblico

Permangono i nostri dubbi sulla definizione delle attività di servizio pubblico ed il relativo assetto industriale.

Sedi Regionali. Ci preme evidenziare il ruolo delle sedi regionali, con una forte esigenza di investimenti su infrastrutture tecnologiche e personale (organico).

Va superato il concetto di presidio redazionale regionale e va ripristinata "l'identità" della sede regionale, con i suoi margini di Sviluppo informativo e culturale sulla realtà territoriale.

Centri di Produzione Decentrati. C'è poi l’esigenza, più volte dichiarata, di forti investimenti su tutti i "centri di produzione decentrati", proprio per rispettare quanto espresso nell’attuale normativa sui compiti loro assegnati (rappresentare le minoranze linguistiche).

Centri di Produzione. Sono necessari investimenti in tecnologie ed organico in tutti i centri di produzione, per evitare il proliferare di appalti e consulenze molto più onerosi e dispersivi di alcune assunzioni mirate e qualificate.

Radio. Non troviamo riferimenti chiari alla piattaforma radiofonica, nonostante che Radio Rai sia la quintessenza del Servizio Pubblico: informazione, musica, intrattenimento, cultura, informazione di servizio. È un mezzo che opera in uno scenario competitivo e si proietta naturalmente verso i canali digitali, sia IP che diffusivi.

Grazie ad un contesto favorevole vede una crescita in ordine agli ascolti e al ritorno economico.

Necessario poi investire sul canale dedicato all’estero e su un canale che deve essere dedicato specificamente al “mediterraneo”.

Non è ancora chiarito quanto scritto nel c.d. Fondo per il pluralismo rispetto ai tetti salariali al personale artistico, condizione che pone un ulteriore ed invalicabile limite alla possibilità di Rai S.p.A. di concorrere con il privato. Il rischio è che, per calmierare le retribuzioni del personale artistico di spicco, si incentivi in realtà la cessione di tutte le produzioni qualificanti alle società di produzioni esterne proprio per aggirare il limite previsto. Pratica questa che, facciamo notare, è già molto utilizzata sui prodotti di prima serata.

Le segreterie nazionali Slc Cgil  Uilcom Uil  Ugl Informazione  Snater Libersind-ConfSal  UsigRai  AdRai

Scarica il documento in pdf: RAI -Documento su Concessione e Convenzione Rai

Scarica gli emendamenti proposti: RAI -emendamenti Concessione e Convenzione Rai

Per vedere il video dell'audizione: Audizione commissione di Vigilanza Rai

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