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Il 28 e 29 maggio si è tenuto il confronto tra Rai e OO.SS. sulla questione "esodi" e livelli occupazionali.

Nello stesso incontro la Rai ha consegnato copia cartacea del Piano Industriale.

Su questo va chiarito che è stato consegnato sottolineando la riservatezza industriale di alcuni dati, per questo non potrà essere da Slc pubblicato o diffuso, ma a breve, dopo averlo ben analizzato, sarà pubblicato un documento di dettagliato.

Va detto che tale procedura è una novità per la Rai, mentre non lo è, per quanto previsto in molti contratti di lavoro, in altre realtà aziendali. È da rilevare però, che, a differenza del passato anche la lunghezza, la complessità ed il dettaglio del Piano di Gubitosi sono una assoluta novità per la Rai.

Un commento rapido non può che confermare quanto già Slc Cgil ha espresso in un precedente comunicato, sempre sul P.I., dopo l'incontro col Direttore Generale.

Il Piano parla di investimenti, formazione, evoluzione tecnologica, efficientamento, vendita di vecchie strutture e immobili per acquisirne di più moderni e confacenti ai bisogni produttivi, di riduzione dei costi e dei centri di spesa e direzione per tenere sotto controllo i conti.

Ovviamente non mancano dubbi e ci riserviamo di criticare alcune scelte e aspetti che riguardano anche il lavoro, ma non si può neanche dimenticare quello che negli ultimi 3 anni (tagli, esternalizzazioni, cessioni), prima del cambio radicale di vertice, i lavoratori della Rai con i sindacati hanno dovuto contrastare.

Per questo il giudizio sull'impostazione non può essere che positivo, a sindacati e lavoratori vigilare e verificare che i comportamenti virtuosi si realizzino veramente.

La discussione delle due giornate è partita dall'analisi del dato economico e di scenario.

La Rai col bilancio del 2012 perde 200 milioni di pubblicità rispetto all'anno precedente. Scende dal 2008 di 500 milioni (1.200 ml a 740 ml di €), una condizione che, anche per la previsione dei futuri bilanci e per le analisi degli esperti, non tornerà forse mai ai livelli di 5 anni fa.

La Rai, come l'intero settore, deve fare i conti con questa condizione economica e per questo deve mettere in campo tutte quelle azioni tese a ridurre i costi ed a rilanciare la sua capacità produttiva e ideativa.

Con la discussione sull'esodo, cosa che la Rai aveva anticipato ai sindacati anche prima del rinnovo contrattuale, intende agire sul costo del lavoro con il minor impatto possibile sui lavoratori e sulla capacità produttiva.

In questo senso sta proponendo, ai sindacati, di condividere un accordo che preveda la fuoriuscita di coloro che hanno raggiunto i requisiti alla pensione e l'assunzione di alcune centinaia di apprendisti (ragazzi tra i 18 ed i 29 anni), l'anticipo delle assunzioni per tutti i TD presenti nei bacini A e B, l'inizio di un percorso di regolazione e stabilizzazione dei lavoratori "atipici" presenti principalmente nelle redazioni.

Non possiamo negare, altri lo hanno detto prima di noi, che per il sindacato l'idea di forzare l'uscita per il pensionamento di un lavoratore non è mai semplice, non lo è perché si rischia di entrare nelle scelte e nelle condizioni soggettive del singolo.

Per questo Slc Cgil ha evidenziato l'esigenza di ridurre il più possibile il numero delle uscite, avendo attenzione all'equilibrio tra i diversi contratti presenti in azienda (dirigenti, giornalisti e quadri, impiegati e operai), definendo con attenzione i presupposti per determinare chi andrà in pensione e chi no,  avendo a mente: la volontarietà (prosecuzione dell'incentivazione), la prossimità alla pensione di vecchiaia, i minori carichi famigliari e i livelli economici.

La Rai ha chiesto alle OO.SS. di poter richiedere in maniera forzata l'ecocert, unico strumento chiaro per poter capire l'anzianità contributiva di tutti, per poi procedere, sulla base di tale presupposto, alla valutazione di chi ha le condizioni per andare in pensione.

Slc Cgil ha indicato l'esigenza, prima di autorizzare tale processo, di definire il numero complessivo  e certo di coloro che avendo già i requisiti pensionistici, potranno rientrare nell'accordo; le 140/120 unità dichiarate dalla Rai sono troppe. Deve essere chiaro, da subito, che comunque  la CGIL non è disponibile a far uscire forzosamente dalla Rai chi non ha le condizioni per andare in pensione il mese successivo alla propria uscita. L'accompagnamento alla pensione, previsto dalla legge Fornero, non dovrà essere applicato in maniera forzata ai lavoratori.

Slc Cgil ha poi espresso, con forza, l'esigenza di regolare con attenzione e precisione il mercato del lavoro, rilevando che ancora oggi, nonostante gli aggiustamenti intervenuti sul CCL Rai, ci si porta dietro le imprecisioni e le forzature dell'Accordo sui TD del 29 luglio 2011.

La riduzione delle risorse interne rischia, oltretutto, di incrementare l'utilizzo degli appalti, con una chiara contraddizione rispetto a quanto definito faticosamente con il rinnovo contrattuale. Crediamo che, con questo accordo, si possa andare oltre, magari inserendo una clausola di garanzia che renda simmetrico e automatica la sostituzione dell'appalto strutturale con l'incremento della forza lavoro interna, un pò come in altre aziende si fa tra carichi di straordinari e nuove assunzioni.

APPRENDISTI, TD e "ATIPICI"

In forza del contratto 2010/13, la Rai potrà assumere degli apprendisti (riduzione dei costi e certezza del percorso di stabilizzazione) per riequilibrare le uscite da esodo e la capacità produttiva dell'azienda. In questo caso si parla di 200 unità.

Anticipo della stabilizzazione dei TD, la Rai propone 1 anno, ma è chiaro che le OO.SS. chiederanno di più, anche per regolare e definire il termine della deroga alla legge che prevede i famosi 36 mesi di utilizzo massimo, riconduce dopo anni la Rai alla normalità.

Inoltre, Slc Cgil ha sottolineato l'enorme difficoltà operativa (anche rispetto ai piani ferie) che sta producendo l'esodo, in questo caso si parla dei 317 usciti volontariamente, quindi l'esigenza di ricoprire rapidamente le funzioni essenziali anche attraverso l'assunzione immediata dei TD strutturali presenti in loco e, oltretutto, l'urgenza di sbloccare i riconoscimenti inquadramentali per tutti quei lavoratori che si trovano a svolgere funzioni superiori e per coloro che vedono bloccato il loro iter di carriera per la circolare Masi.

Diciamo questo evidenziando che Slc non richiede provvedimenti gestionali casuali ma invece, in forza anche delle molte cause che si stanno avviando sull'inquadramento, lo sblocco di un processo dovuto per quanto definito nel CCL Rai.

Dopo quanto si è definito nel CCL Rai sui lavoratori "atipici", questo accordo, potrebbe essere l'occasione per avviare quel processo, tanto richiesto dal sindacato, sia per definire la tutela dei diritti dei precari ed un processo di stabilizzazione, sia per il contenimento dell'utilizzo abnorme di tali forme contrattuali che stanno riducendo la forza e i diritti presenti nel contratto nazionale.

In conclusione, per non rimanere confinati al proprio orto, vogliamo ricordare che in altre realtà dell'emittenza si sta agendo sulle retribuzioni o sui livelli occupazionali, anche attraverso una drastica riduzione del personale. In Rai, invece, anche grazie alle iniziative sindacali di contenimento delle politiche che negli scorsi anni miravano alla riduzione delle capacità produttive dell'azienda, ci si trova a ragionare di una operazione di riequilibrio del mercato del lavoro che ha, non si può negare, anche degli aspetti che non ci piacciono ma che possono essere gestiti.

La trattativa che si terrà il 5 giugno dovrà puntare a schematizzare quell'equilibrio necessario per non far fermare la fabbrica Rai, dare risposte ai tanti precari presenti in azienda, individuare le numerosità in uscita ed entrata, tutelare coloro che dovranno lasciare l'azienda evitando di abbandonare chi ha reali difficoltà.

Se si utilizzasse l'onestà di analizzare il contesto, ci si renderebbe conto che  la solidarietà tra le generazioni è il modo migliore per uscire da questa profonda crisi, molto meglio che subire forzature unilaterali. La sensazione invece, lo abbiamo già visto in altre occasioni, è che qualcuno dica no preventivamente, senza una discussione di merito, per scaricare su altre organizzazioni la responsabilità delle scelte finali, magari ben conscio che alla fine la propria firma sarà posta comunque. Si sa che dopo gli accordi la frase "fosse stato per me..." è la più utilizzata!

La realtà imporrebbe, a tutti, la responsabilità del mettere o non mettere la propria firma, magari partendo dall'effetto di un processo governato e non da quello avviato al buio e unilateralmente dalla Rai.

Lo diciamo perché quando sono le aziende ad aprire le procedure, sono loro, da sole, a decidere perimetro e numeri. L'esperienza insegna che è meglio non farlo il salto nel buio, quando si parte con l'apertura della procedura di mobilità senza aver trovato preventiva definizione con il sindacato, si rischia di mandare via i più giovani, coloro che sono collocati nelle realtà individuate solo dall'azienda e certamente diviene impossibile, per i sindacati, gestire i numeri dei rientri e la regolazione del mercato del lavoro.

Slc Cgil ritiene opportuno provare a trattare un equilibrio complessivo, lavorando per trovare l'accordo più avanzato possibile nel più breve tempo possibile.

Le procedure della 223/91 se avviate unilaterlamente, oltre ad innescare un conflitto con le OO.SS., potrebbero durare 75 giorni, producendo in questo modo l'allungamento dei tempi della discussione e l'allontanamento, oltre alla ridefinizione degli equilibri produttivi, il rinnovo contrattuale, per il quale le OO.SS. dovrebbero, entro il mese di giugno, elaborare e presentare la piattaforma ai lavoratori e alla Rai.

Slc Cgil, come sempre ha fatto, discuterà basandosi su quanto sarà possibile scrivere sull'ipotesi di accordo e giudicando quanto definito deciderà se firmare o meno. Il tema non è che tipo di procedura si utilizza, il tema è che tipo di accordo si raggiunge (garanzie, tutele, livelli occupazionali) e, in ultimo e più importante, poi il giudizio dei lavoratori.

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