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RINNOVO DEL CDA RAI? LA VERA SFIDA È ADOTTARE UN MODELLO DI GOVERNANCE FUNZIONALE ALLA DIGITALIZZAZIONE DEL PAESE


A giugno si rinnoverà il Consiglio di Amministrazione della Rai. In tale occasione, le lavoratrici e i lavoratori dell’azienda saranno chiamati a nominare un Consigliere d’Amministrazione scelto tra loro stessi.
Si tratta di un appuntamento importante che, a nostro avviso, non può essere confinato al mero “divinare” su nomi e curricula, ma va supportato da un’organica e ampia convergenza, tanto sul nome del candidato, quanto sul ruolo e sul programma da realizzare. Sono queste, infatti, le garanzie necessarie a rafforzare la mission della Rai: essere un’autentica Società di Servizio pubblico, dando quindi un futuro credibile alla cittadinanza e a tutte le professionalità che ogni giorno svolgono il proprio lavoro con convinzione e competenza.

È ampiamente maturo il tempo di aprire una riflessione sulla governance aziendale perché, oltre alla credibilità dei nomi del prossimo CdA, occorre capire se il sistema disegnato nel 2015 abbia davvero messo l’azienda nelle condizioni di svincolarsi dalla politica. Ogni azienda ha innanzitutto bisogno di avere certezze sul finanziamento del proprio piano d’impresa, sulla propria funzione culturale e tecnologica, nell’offerta editoriale e informativa. La Rai, al pari delle altre aziende, necessita dunque di una stabilità economica e di linee d’impresa generali che non pretendano di condizionarne finanche la gestione quotidiana dell’organizzazione del lavoro di singoli reparti, come invece succede spesso, dato il rapporto non sempre lineare con la politica. Ad oggi la Rai, il suo CdA, è infatti un’espressione della maggioranza politica, per giunta in carica per un periodo relativamente breve.

Basta ripercorrere questi ultimi anni per capire quanto la situazione quotidiana sia drammaticamente diversa. Parliamo di un’azienda che ha visto mettere di continuo in discussione il finanziamento economico della propria attività. Il gettito del canone, com’è noto, non è del tutto appannaggio dell’azienda e di certo non è utile un dibattito politico che, quasi quotidianamente, delinei piani per ridimensionarlo, se non addirittura abolirlo. Allo stesso modo, la restituzione (comunque positiva) di parte del gettito del canone non versato all’azienda è apparsa più come la decisione di un ministro che come un progetto di rafforzamento economico dell’azienda. Appare chiaro quindi come anche attraverso la leva del finanziamento si sia protratto quel rapporto improprio con la politica e in particolare col governo che, in definitiva, ha vanificato il tentativo di svincolare il “decisore aziendale”, ossia il CdA, dal “decisore editoriale”, vale a dire la politica – meglio ancora, l’esecutivo. A ciò si aggiunga l’invadenza delle considerazioni di opportunità politica sulle scelte editoriali e artistiche.
Tutto questo avviene in una fase storica inedita e del tutto eccezionale. La pandemia che il Paese sta ancora fronteggiando ha accelerato gli effetti dei processi di digitalizzazione.

governance rai sito web

Parte importante del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è incentrata proprio sui processi di digitalizzazione del Paese, concernenti sia le infrastrutture sia la forza lavoro. Il superamento del digital divide attraverso il completamento di infrastrutture strategiche, quali la rete in fibra nazionale e il 5G, determinerà un cambiamento inevitabile nei modelli di produzione e di fruizione dei contenuti. Questi mesi hanno portato molti nostri concittadini a familiarizzare con strumenti comunicativi nuovi, le piattaforme on demand e i grandi player internazionali, i cosiddetti OTT. La tv generalista e con essa i vari produttori di contenuti sono chiamati a ripensare il proprio ruolo, cambiare le proprie strutture tecnologiche e rivedere le professionalità. La Rai può fare a meno di affrontare questo percorso? Tutt’altro. Noi siamo convinti che proprio la Rai, la più grande azienda culturale del Paese, debba porsi all’avanguardia del processo di alfabetizzazione digitale. La riacquisita consapevolezza dell’importanza della presenza del pubblico nelle infrastrutture di rete impone l’apertura di un dibattito sul ruolo che la Rai dovrà avere, in quanto servizio pubblico per definizione, nel processo di digitalizzazione conseguente.

La Rai non è solo un broadcaster, bensì un bene pubblico, il cui compito è contribuire alla costruzione di una coscienza collettiva, di una consapevolezza del cambiamento vissuto come opportunità e non come rischio. Soprattutto, deve continuare a produrre contenuti culturali, giornalistici e di valido intrattenimento, avvalendosi dello sterminato patrimonio documentale e di credibilità professionale che possiede. Tuttavia, a tal fine, occorre che tanto l’azienda, quanto le sue lavoratrici e lavoratori tornino a essere “padroni dei propri destini”.

Pertanto, a giugno non si tratterà semplicemente di scegliere nomi coerenti e credibili, ma sarà necessario chiedersi se l’attuale modello di governance sia funzionale a cogliere questa sfida, al di là dei buoni propositi che sull’onda delle recenti polemiche (non nuove per l’azienda) sembrano accomunare tutte le sensibilità politiche. Occorre un modello nuovo che disintermedi i vertici aziendali da quelli politici, restituendo ai primi il compito di disegnare davvero un piano di sviluppo, metterlo in pratica ed essere giudicati per quanto si è stati in grado di fare. Un piano, sia esso industriale o produttivo, capace di valorizzare le professionalità interne, aumentandone le competenze e aggiornandole rispetto alla rivoluzione digitale in atto, attraverso investimenti ingenti e necessari all’ammodernamento. In questo contesto, anche la scelta di far eleggere dalle lavoratrici e dai lavoratori un nome del CdA rischia di rivelarsi più un’occasione mancata che uno strumento di coinvolgimento reale del personale dipendente nei processi decisionali. L’esperienza dei tre anni passati ci ha restituito la spiacevole sensazione che dietro l’offerta di un posto nel CdA a una persona che rappresentasse le lavoratrici e i lavoratori ci sia stata la cattiva coscienza della politica, piuttosto di una effettiva volontà di coinvolgimento, avendo determinato un CdA Rai espressione della maggioranza politica.

Noi continuiamo a ritenere che un sistema dualistico, dotato di un consiglio di sorveglianza, sia il modello adatto per dar voce concreta alle istanze sacrosante di chi rappresenta la forza lavoro. Si tratta di un modello in cui vige il principio della codeterminazione e che prevede la rappresentanza obbligatoria di lavoratrici e lavoratori nel Collegio di Sorveglianza (un corrispettivo del Collegio Sindacale in Italia) delle grandi aziende. Un organismo che eserciti un importante potere di informazione e di consultazione, nonché il diritto di veto in decisioni per loro dannose quali localizzazioni all’estero, chiusure di impianti, fusioni e acquisizioni aziendali.

Naturalmente, ciò non mette in discussione né il rispetto del consigliere uscente e delle candidate e candidati che vorranno misurarsi anche stavolta nella competizione elettorale, né quello delle lavoratrici e dei lavoratori che parteciperanno al voto. Rispetto che la scorsa volta ci portò, pur con forti dubbi sul modello, a farci parte attiva del reperimento di una candidatura unitaria intorno alla quale provare a costruire un programma complessivo. Oggi, dinanzi alla dimostrazione plastica della inadeguatezza della riforma del 2015 (non ha sciolto la Rai dal rapporto ambiguo con la politica, ma ha legato l’azienda direttamente al governo), riteniamo non più rinviabile mettere all’ordine del giorno della nostra azione il modo in cui contribuire in maniera attiva alla costruzione della Rai del futuro e, di conseguenza, il modo in cui rendere possibile questo cambiamento, a partire da un nuovo modello di governance. Un obiettivo che intendiamo realizzare tenendo però ben presente che il luogo ineludibile in cui rappresentare gli interessi e i problemi quotidiani delle lavoratrici e dei lavoratori della Rai rimane il confronto sindacale. Nessuna forma di rappresentanza “surrogata” può sostituirvisi. Il sindacato non è un Consigliere di Amministrazione, seppur scelto tra il personale dipendente. Noi proviamo quotidianamente a dar voce a una parte molto importante delle lavoratrici e dei lavoratori di questa azienda che vedono sempre più frustrate le loro aspettative di cambiamento e di valorizzazione delle risorse interne e che non accettano più di vedere la propria azienda piegata a logiche clientelari estranee al ruolo che la Rai deve svolgere per il Paese.

La carenza d’organico è ormai una malattia cronica e degenerativa del tessuto produttivo. Il quadro attuale mostra a tutti i livelli – dalle Sedi Regionali alle unità produttive dei Centri di Produzione Radio televisiva – una dismissione strisciante della produzione interna, a favore di appalti ingiustificati e antieconomici.
Questi mesi di profonda crisi hanno aggravato la situazione economica dei conti aziendali, proprio nel momento in cui occorrerebbe concentrare il massimo sforzo, anche economico, nel preparare la Rai alla rivoluzione digitale. Perdere oggi la sfida del cambiamento potrebbe significare precludere all’azienda un futuro da protagonista. È quanto mai necessario un atto di responsabilità da parte di tutti, volto ad aprire un confronto che non si limiti ai nomi del futuro CdA, ma si spinga ad affrontare il tema di come migliorare la governance aziendale, svincolandola dagli interessi di parte e lasciandola libera di proporre al Paese un nuovo progetto condiviso di servizio pubblico. L’Italia oggi ha bisogno della Rai come ne ebbe bisogno negli anni della ricostruzione post bellica e di quello che sarebbe poi diventato un periodo di grande trasformazione sociale ed economica.

Per tali motivi, riteniamo utile offrire questi nostri spunti di riflessione a tutti gli stakeholder, a tutti i soggetti portatori di interessi, a partire dalle lavoratrici e lavoratori Rai e dal prossimo CdA. Facciamo questo nel pieno rispetto dei ruoli di ciascuno, ma ben consapevoli che solo da un confronto ampio si possa costruire una Rai più moderna, in sintonia con il Paese e capace di coglierne le tante energie, locali e nazionali, che aspettano di essere raccontate, valorizzate, rese protagoniste di un cambiamento collettivo.

Le Segreterie Nazionali di SLC CGIL, FISTEL CISL, UILCOM UIL

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