Nelle giornate del 3 e 4 aprile una delegazione costituita da Salvatore Marra, CGIL, Marco del Cimmuto e Maurizio Feriaud, SLC e Andrea Borghesi NIDIL, ha incontrato a Tirana i vertici della Confederazione sindacale BSPSH composta dal Presidente, Gezim KalaJa, dalla Responsabile del Dipartimento Internazionale Arjola Alika e dal Segretario Organizzativo Jani Koco per fare il punto sulla spinosa situazione dei numerosi call center italiani che operano in Albania.
La delegazione italiana ha così avuto modo, per la prima volta, di sondare e cominciare a trarre informazioni utili per la comprensione di un fenomeno che coinvolge numerose Aziende Italiane delocalizzate in questo Paese.
In Albania, che è bene ricordare è un paese extra UE, l’attività dei call-center ha una incidenza rilevante sull’offerta di lavoro, poiché impegna circa 20.000 addetti su una popolazione che a Tirana è di poco superiore alle 400.000 persone.
Il primo dato rilevante che abbiamo colto, nell’ambito dei colloqui avuti, è che il Sindacato non è in alcun modo presente in questo settore, ragion per cui, non sorprende che non esista un CCNL e tanto meno dei contratti aziendali. Da quanto è emerso, nel corso degli incontri, è che possa essere stato condiviso una sorta di “cartello”, tra le aziende, per livellare le condizioni di lavoro ed in particolare i salari.
Un salario mensile medio, in questo Paese, si aggira intorno ai 200 € netti, mentre, per gli operatori di call center, sale a 3/400 € e può arrivare fino a 500 con i bonus previsti per l’outbound, opportunità non prevista per l’inbound che risulta però remunerato un po’ meglio a causa dei turni disagiati ai quali gli operatori devono sottostare. Le mensilità, nel corso dell’anno, rimangono rigorosamente 12 in tutte le aziende.
La prestazione è regolamentata con un contratto individuale a tempo determinato che ci è stato detto, non supera mai la soglia di un anno. In questo arco temporale sarebbero previsti 20 gg di ferie retribuite ma può accadere che non si superino le 2 settimane ed anche non retribuite, giocando sulle scadenze dei contratti. la malattia è retribuita all’80%.
Durata del contratto a parte, le lavoratrici ed i lavoratori dei call-center albanesi convivono quotidianamente con la precarietà. Il posto di lavoro può essere infatti perso con estrema facilità per qualche assenza non gradita o per il mancato raggiungimento degli obiettivi mensili. In questo caso, risulta spesso che sia stato il lavoratore a dimettersi al fine di evitare così qualsiasi -anche se improbabile- contenzioso.
Nonostante il quadro desolante che sommariamente abbiamo descritto, va detto che gli stessi lavoratori considerano tali condizioni di lavoro decisamente migliori rispetto a molte altre. Non a caso, la maggior parte di chi vi accede ha sostenuto corsi di laurea e di specializzazione.
Da parte della Delegazione albanese è stata invece espressa, al nostro Sindacato, preoccupazione per le normative entrate in vigore in questi giorni in Italia che prevedono la comunicazione al cliente, del Paese dal quale si risponde o si viene chiamati, ma soprattutto, per i possibili sviluppi che potrebbe avere il progetto del ministro Calenda, per riportare in Italia parte di quelle attività.
Particolarmente interessante è stato anche l’incontro con l’associazione NGO, nel corso del quale, la Project Manager Eneida Mjeshtri, ha presentato il progetto “Together for Life” che l’associazione sta portando avanti con il partenariato dell’Ispettorato del Lavoro. L’obiettivo del progetto è quello di esplorare le reali condizioni in cui si lavora in diversi settori professionali, tra i quali, anche quello gli addetti ai call center,.
Attraverso sondaggi mirati si vogliono dunque comprendere le difficoltà che quotidianamente vengono incontrate nell’espletamento delle attività lavorative e formare lavoratrici e lavoratori su materie come la salute e la sicurezza, rendendoli maggiormente consapevoli dei propri diritti e dell’importanza di costituire una rappresentanza collettiva in grado di operare nella loro realtà.
La delegazione CGIL ha condiviso il percorso in atto ed ha auspicato la creazione di appositi seminari ai quali colleghi italiani potrebbero partecipare per uno scambio di esperienze e per illustrare il sistema regolatorio vigente tra imprese e lavoratori in Italia.
Per tale ragione, al termine della visita, ci si è salutati con l’auspicio che dopo questo primo incontro si possano, congiuntamente, percorrere strade che portino i lavoratori dei call-center a non guardare più i colleghi sull’altra sponda dell’Adriatico solo come concorrenti ma come persone con le quali condividere il lavoro e le rivendicazioni dei propri diritti.