Apprezziamo la decisione di estendere all’80% la capienza di sicurezza anti-contagio nelle sale cinematografiche, basata sulle considerazioni espresse dal CTS. La decisione arriva in tempo perché stanno per arrivare importanti blockbusters, a partire dall’ultimo “007”.
Ma non è l’unica misura da prendere, a nostro avviso. Dalla riapertura, con la capienza massima obbligatoria al 50%, non sempre gli esercizi cinematografici sono riusciti a riempire anche quella quantità ridotta di pubblico in sala, anzi il raggiungimento del 50% di presenze è stato episodico.
Le riaperture delle sale cinematografiche non sono state complessivamente all’altezza delle aspettative. Alcune sale non hanno ancora riaperto, altre danno la sensazione che non riapriranno più. Ogni volta che chiude un cinema sono posti di lavoro e luoghi di aggregazione e proposta culturale in meno. Per le scriventi la fruizione in sala continua ad essere centrale, per questioni occupazionali, sociali e culturali.
Il cinema in sala ha un grande concorrente, che durante la pandemia si è ulteriormente rafforzato: la fruizione domestica, soprattutto sulle piattaforme non lineari, del prodotto cinematografico. Va però segnalato che tale rafforzamento dipende anche dalla insensata scelta di presentare contemporaneamente il prodotto in sala e in piattaforma, se non esclusivamente in piattaforma.
Il mercato risponde alle sue leggi, le aziende seguono il business dove questo è più ricco. Però le OO.SS. scriventi sono obbligate a valutarne le ricadute anche sul piano occupazionale e sociale, oltre che economico. Perché il cinema che non arriva o arriva male nelle sale è anche cinema sostenuto economicamente dall’investimento pubblico perché ritenuto un prodotto culturale ed identitario del Paese.
Quest’ultima considerazione ci obbliga a ricordare che, da prima della pandemia e poi con più forza, il sindacato chiede una legislazione di sistema in merito al tema delle finestre e delle teniture dei prodotti cinematografici. Perché senza una chiara definizione dei tempi obbligatori di fruizione in sala, si vengono a predeterminare le condizioni della scomparsa degli esercizi cinematografici. Scelta alla quale ci opponiamo.
Scelta che, oltretutto, sembra anche in controtendenza rispetto ad un’altra valutazione, che molte majors stanno rivedendo: che la performance, anche economica, che produce il film nelle sale non è paragonabile a quanto lo stesso film potrà mai incassare dai passaggi in piattaforma. Chiaramente tenendo conto della qualità di promozione e distribuzione del prodotto.
Inviteremo, nelle prossime occasioni di dibattito pubblico, tutti i soggetti del settore ad una analisi approfondita sul tema, partendo dall'ANEC (Associazione Nazionale Esercenti Cinema, ndr), ritenendolo maggiormente interessato a cambiare l’attuale situazione. Intanto chiediamo di nuovo, ai rappresentanti del ministero della Cultura e del Governo, la definizione di un quadro normativo di riferimento e regolamentazione specifico.
Roma, 30 settembre 2021
Le Segreterie Nazionali
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