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Produzione culturale

Senato della Repubblica
Commissione Affari Sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato, Previdenza sociale

Audizione sull’esame dell’Atto del Governo n° 49
Commissioni 7° e 10° riunite

L’interesse di queste Organizzazioni Sindacali in merito all’Atto del Governo n° 49, “Disposizioni integrative e correttive dei Decreti Legislativi del 28 febbraio 2021 nn° 36, 37, 38, 39 e 40”, è quello di porre all’attenzione delle Commissioni alcune valutazioni delle scriventi OO.SS. e alcune proposte relativamente al testo presentato.

Secondo i dati del CONI quasi 15 milioni di cittadini nel nostro paese praticano una o più discipline sportive. Le attività lavorative nel settore sportivo non rivestono pertanto ruoli residuali nel panorama del lavoro in genere. Con il passare del tempo, e a fronte di una sempre crescente richiesta di specializzazione e qualificazione, sono diventate in tutto e per tutto un lavoro, spesso molto professionalizzato, ma poco riconosciuto e tutelato.

Lo sport rappresenta l’1,7% del PIL nazionale, e il 4% se si considera anche l’indotto; è realistico quindi ritenere che le persone che lavorano nello sport possano essere oltre mezzo milione, mentre dai dati in possesso delle parti sociali risulta che 40.000 di questi sono riconosciuti dipendenti e pertanto applicano il relativo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dello sport sottoscritto dalle parti sociali, Slc-Cgil, Fisascat-Cisl e Uilcom-Uil in rappresentanza dei lavoratori e da ASC Confcommercio in rappresentanza dei datori di lavoro.

Ad oggi è in atto una trattativa tra le parti per il rinnovo del CCNL dello Sport sopra citato, che affronterà l’intero panorama del lavoro sportivo; si sta ragionando infatti sia di lavoro dipendente che di collaborazioni e lavoro autonomo, al fine di dare tutela a tutte le figure del lavoro sportivo e certezze alle Associazioni sportive datrici di lavoro.

Nel merito della norma pensiamo non sia percorribile la presunzione di collaborazione coordinata e continuativa etero diretta sulla base dell’orario settimanale, piuttosto che in ragione delle effettive modalità di svolgimento dell’attività e dei poteri di direzione e coordinamento. Tale disposizione comporterebbe paradossalmente la riconduzione nell’alveo delle collaborazioni coordinate e continuative di quasi tutti i rapporti di lavoro subordinati part-time e, di converso, la presunzione di un rapporto di lavoro subordinato anche laddove vi sia completa autonomia nella gestione della propria attività soltanto perché svolta per più di 24 ore alla settimana.

Sarebbe dunque più opportuno invertire la presunzione, come previsto per il lavoro sportivo nell’area del professionismo, prevedendo la qualificazione del rapporto di lavoro secondo le varie accezioni (subordinato, in collaborazione coordinata e continuativa, autonomo) previste dalle norme di legge, superando contemporaneamente la dicotomia tra professionisti e dilettanti.

Riteniamo che per poter accedere al cococo sportivo il discrimine, quindi, non debba essere il numero di ore settimanali ma il pratico lavoro svolto della specifica figura professionale stabilità dal CCNL di settore sottoscritto dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Solo così può esserci un vero distinguo tra cococo sportivo (etero diretto), cococo (non etero diretto), partita IVA e dipendente.

La presunzione di lavoro autonomo risulta peraltro norma foriera di sicura vertenzialità rispetto alle ore effettivamente lavorate, nonché difficilmente applicabile al lavoro svolto settimana per settimana. Peraltro, la norma potrebbe applicarsi a tutta una serie di figure ulteriori rispetto a quanto enunciato dall’art.25.

Dalla lettura del testo pare infatti che le figure interessare non siano solo quelle prettamente sportive ma anche quelle complementari, come cita la norma: «È lavoratore sportivo ogni altro tesserato, ai sensi dell'articolo 15, che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti tecnici dei singoli enti affilianti, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale.»

Chiediamo che la norma in fase di predisposizione preveda adeguato spazio al CCNL di settore sottoscritto dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, al fine di stabilire inquadramenti, normative e retribuzioni minime per le figure del lavoro sportivo. In caso contrario si alimenterebbe una giungla normativa con evidenti problemi di concorrenza tra le associazioni, siamo convinti, a scapito dei diritti dei lavoratori.

Pensiamo inoltre che il sistema contributivo stabilito dalla norma non risponda alle esigenze pensionistiche dei lavoratori. A nostro avviso va imposta la contribuzione anche nella fascia 0-5.000,00 euro. In caso contrario il lavoratore sportivo rischia, nella grande maggioranza dei casi di non maturate pensione perché troppo basso il contributo versato.

Un’ulteriore distonia è rappresentata dalla scelta della cassa previdenziale, anche questa illogica e discriminante. Avremo a regime i lavoratori subordinati, gli autonomi i co.co.co del settore professionistico che verseranno nel fondo lavoratori sportivi INPS e gli autonomi e i co.co.co del settore dilettantistico che verseranno nella gestione separata.

Per l’anno 2022 il minimale di reddito per ottenere un accredito contributivo alla gestione separata pari a 12 mesi, valido ai fini del diritto alla pensione, è pari a 16.243,00€ il che significa che per maturare il diritto il lavoratore deve superare 21.243,00€ annui tutti gli anni, senza considerare il fatto che probabilmente i suoi contributi non saranno tutti in gestione separata, perché si presume che possa anche avere periodi da professionista. Chiediamo quindi che la cassa sia quella del fondo lavoratori sportivi per tutti.

Roma, 04 luglio 2023

Le Segreterie Nazionali
SLC-CGIL, FISASCAT-CISL, UILCOM-UIL

Fabio Scurpa, Mirco Ceotto, Roberto Corirossi

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