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Produzione culturale

Ministro dei Beni, Att. Cult. e Turismo
On. Dario Franceschini

Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
On. Nunzia Catalfo

Mibact
D.G. spettacolo dal vivo
Dott. Onofrio Cutaia

Roma 30 marzo 2020

Oggetto: settore spettacolo dal vivo, violazione procedure licenziamento.

Il settore dello spettacolo dal vivo è un settore debole, costituito da imprese importanti, che ottengono il finanziamento del Fondo Unico per lo Spettacolo, dalle Istituzioni locali, da associazioni culturali, cooperative. Esiste anche una gran parte di lavoratori ed imprese che non godono di finanziamenti pubblici.

I lavoratori sono generalmente occupati con varie tipologie di lavoro dipendente regolate dai CCNL di settore, quali il contratto a termine stagionale, il lavoro intermittente. E’ presente anche lavoro autonomo, spesso non autentico.

Nel settore della prosa e della musica viene diffusamente applicata una modalità non regolata dal CCNL, che fa riferimento al DCPR 1525/1963. In sostanza l’applicazione di una modalità di lavoro stagionale di dubbia validità per il settore dello spettacolo, che consiste per il lavoratore in un contratto a termine da … a… che però viene retribuito solo per precise date individuate nel contratto di scrittura, che non sono continuative e coprono solo le prove e le singole date di spettacolo.

Con la sospensione degli spettacoli a seguito degli interventi della pubblica autorità, prima nelle così dette regioni rosse (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) e poi sull’intero territorio nazionale, le imprese, su indicazione dell’AGIS, hanno applicato un articolo del CCNL per il personale artistico, tecnico e amministrativo scritturato dai teatri nazionali, dai teatri di rilevante interesse culturale, dai centri di produzione e dalle compagnie teatrali professionali, che prevede una misura di tutela per i lavoratori in caso di interruzioni per forza maggiore.

L’interpretazione unilaterale di AGIS è chiaramente errata e a favore delle imprese e a sfavore dei lavoratori.

Questi lavoratori sono contrattualizzati di volta in volta, sono pertanto deboli e ricattabili.

In seguito a questa modalità la maggior parte delle imprese, comprese quelle finanziante dal Fondo Unico per lo Spettacolo, hanno comunicato, talvolta verbalmente, talvolta per mail, ai lavoratori la sospensione degli spettacoli. In qualche caso non hanno detto nulla, hanno semplicemente smesso di pagare i lavoratori.

Con l’entrata in vigore del DL 17 marzo 2020 n. 18, che dispone misure specifiche per i lavoratori dello spettacolo, è fondamentale capire chi ha un contratto di natura dipendente alla data del 17 marzo 2020.

L’articolo 38, infatti, dispone al punto 1 una indennità di 600 euro a fronte di precisi requisiti, ovvero aver maturato 30 giornate contributive ENPALS nel 2019, aver avuto per lo stesso anno un reddito inferiore a 50.000 euro, non essere pensionato, non percepire il reddito di cittadinanza (art. 31). Il punto 2 del medesimo articolo 38 precisa che non hanno diritto all’indennità di 600 euro i “lavoratori titolari di rapporto dipendente alla data di entrata in vigore della presente disposizione”.

E’ necessario quindi capire chi ha alla data del 17 marzo 2020 abbia avuto un rapporto di lavoro dipendente. Non avendo ricevuto alcuna lettera di licenziamento, ai sensi della legge 604/1966 o della legge 223/1991 il lavoratore ragionevolmente deve individuare necessariamente negli ammortizzatori di cui all’art. 18 o 22 le tutele.

Ma quando i lavoratori hanno contattato le imprese, per sapere se le stesse avevano avviato le relative procedure, hanno ricevuto l’UNILAV da cui in molti casi risulta che il rapporto di lavoro si è chiuso con data antecedente al 17 marzo 2020. Ovvero che il rapporto di lavoro era cessato, i lavoratori non lo hanno appreso da una comunicazione scritta di licenziamento ma dall’UNILAV o gli è stato comunicato a voce.

La violazione gravissima delle procedure di licenziamento produce un grande danno ai lavoratori, che si aggiunge a quello provocato da una errata interpretazione dell’art. 19 del CCNL (allegato).

Queste violazioni sono doppiamente gravi perché questi soggetti sono sostenuti da fondi pubblici e perché si traducono nello scaricare sui lavoratori la gravissima crisi del comparto conseguente alle disposizioni per arginare l’epidemia.

Segnalo che proprio le modalità di assunzione in uso nel settore dello spettacolo, non regolate dal CCNL, rendono le misure individuate dal DL 18, un grande ostacolo per ottenere le tutele previste dalla stessa norma legislativa. Sono frequentissimi i contratti brevi, quindi aver individuato la data del 23 febbraio come quella in cui si doveva essere alle dipendenze del datore che richiede l’ammortizzatore e quella del 17 marzo, in cui la dipendenza implica l’impossibilità di ottenere l’indennità di 600 euro per i lavoratori dello spettacolo, costituisce di fatto la condizione per molti lavoratori di non aver accesso ad alcuna tutela.

Colgo l’occasione inoltre per segnalare che l’articolo 38, ponendo come requisito per ottenere l’indennità di 600 euro il limite delle 30 giornate contributive ENPALS per il solo 2019, rende di fatto impossibile per tanti operatori dello spettacolo ottenere tale indennità.

E’ la stessa INPS a dichiarare in aprile 2019, in sede di audizione presso la VII Commissione e la XI Commissione, nell’ambito dell’Indagine conoscitiva in materia di lavoro e previdenza nel settore dello spettacolo, che i lavoratori autonomi esercenti attività musicali nel 2017 avevano maturato 29 giorni di attività nell’anno, che per gli attori le giornate erano 16, per il ballo 41, per i direttori, maestri di orchestra, gli orchestrali 44.

La caratteristica del lavoro artistico è che solo una minima parte si traduce in un rapporto di lavoro. Tutta la fase precedente a tale rapporto di lavoro, ovvero quella di preparazione, di formazione non ha alcun riconoscimento.

E’ normale per artisti e tecnici avere alti e bassi nella professione.

Come è normale lavorare all’estero, in questo caso in pochi casi si paga il contributo in Italia.

Il lavoro autorale, che interessa gli artisti non è riconosciuto. Il caso del musicista che sta preparando un album, la coreografa che sta preparando uno spettacolo, dell’attore che sta scrivendo una sceneggiatura, non è considerato tempo di lavoro. Peraltro dobbiamo denunciare che laddove è possibile un riconoscimento del lavoro che si traduce in obbligo contributivo per i committenti, questi raramente riconoscono all’autore il contributo a proprio carico come da circolari INPS. In sostanza chiedono all’autore di pagarsi il contributo alla gestione separata, che è interamente a carico del lavoratore. Nei casi di adattamento cinematografico o sceneggiature il contributo deve essere versato all’Enpals, come da disposizioni dell’Istituto Previdenziale.

Gli artisti hanno generalmente aperto anche una posizione nella gestione separata dell’INPS perché compensano i redditi da lavoro dello spettacolo con quelli dell’insegnamento presso scuole di vario genere, o preparando gli allievi ad audizioni o per l’accesso alle accademie. Frequentemente sono chiamati a fare dei laboratori, a pagamento, che in realtà poi sono preparazione a spettacoli non gratuiti. Per gli attori è ancora diffusa in modo importante il sistema di pagamento forfettizzato delle prove. A fronte di diverse giornate di lavoro per prove vengono riconosciute poche giornate contributive.

Devo anche denunciare una quota grandissima di lavoro nero nella musica, che non è imputabile ai lavoratori ma è sistematica, perché mai si è operato per determinare anche le misure per ottenere una emersione da una condizione che vige da sempre. Una recente ricerca della Fondazione DOC quantifica l’evasione nel settore musicale tra 1,8 e 2,7 miliardi di euro.

Una ricerca della SLC CGIL, presentata nel 2017, che si basava su un’intervista di lavoratori, presentava questi dati:

Nel ribadire che le imprese violano in modo diffuso, le leggi e i contratti nazionali, anche se per ottenere i finanziamenti del Fondo Unico per lo Spettacolo devono dichiarare che rispettano i CCNL ove esistenti, che questi lavoratori non hanno specifiche tutele, denunciamo che questa crisi sta facendo cadere molti lavoratori in povertà. Gli effetti dell’epidemia hanno determinato che loro si fermassero prima degli altri e purtroppo sappiamo che ricominceranno molto dopo a lavorare. Il rischio concreto è che la loro condizione drammatica si protrarrà per molti mesi.

Ci auguriamo quindi un intervento dei Ministeri per ripristinare condizioni di correttezza e misure straordinarie a sostegno di questi lavoratori.

Emanuela Bizi SLC CGIL Nazionale

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