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Le recenti dichiarazioni rese dal sottosegretario allo Sviluppo Economico, Giacomelli, ci fanno dire che avevamo proprio ragione!

Sul tema della privatizzazione di Poste Italiane infatti il sottosegretario dice che "la ulteriore cessione è ormai una ipotesi del terzo tipo (ndr: ipotesi dell'impossibilita.). È prevalsa l'idea che non vi sia una necessità di operazioni di questo tipo. Poste ha ulteriori potenzialità espansive che si verificheranno nelle prossime settimane, i mercati non consigliano di procedere, e in fondo il concetto di azienda pubblica merita una accentuazione importante."

Il filo conduttore delle analisi e delle proposte documentate che Slc e Cgil hanno presentato già a partire da Novembre 2013 e che sono agli atti è sempre stato questo: il riconoscimento di Poste Italiane come un asset strategico per il Paese, necessario per lo sviluppo dell'economia italiana, necessitante di investimenti e, soprattutto, di controllo pubblico.

Questo il motivo delle tante mobilitazioni unitarie di questi mesi e delle assemblee, questi i temi sostenuti dal sindacato nelle interlocuzioni con i gruppi di Camera e Senato e nelle audizioni presso le commissioni competenti.

Giacomelli aggiunge una riflessione sul tema della gestione dei dati degli oltre 30 milioni di soggetti che hanno rapporti con Poste Italiane, e, in generale, del tema delicato e difficile della "connessione tra libertà sicurezza e controllo dei dati." E si domanda se sia possibile "giocare un ruolo da protagonisti rispetto ad una questione centrale (quella della gestione dati) per determinazione politiche, commerciali e per il futuro della comunità, riconoscendo nel Gruppo Poste anche in questo ambito una capacità espansiva enorme a condizione che rimanga a controllo pubblico."

Temi questi che abbiamo rappresentato in tutte le sedi istituzionali pertinenti ad affrontare la complessità della gestione dei dati sensibili nell'epoca dei Big data. Per primi infatti sollevammo i rischi insiti nel consegnare i dati di cittadini ed imprese a privati.

Da anni il nostro sindacato parla di necessari investimenti sulla logistica, sull'infrastruttura materiale ed immateriale del Gruppo, della valorizzazione necessaria delle interrelazioni proficue tra le molte aziende che lo costituiscono.

In relazione a questa necessità di investimenti abbiamo sempre sostenuto la necessità di mantenimento di controllo pubblico del Gruppo.

Ed è questo il motivo della nostra forte e decisa opposizione alla privatizzazione che i lavoratori hanno sostenuto con giornate di sciopero, astensione dagli straordinari, presidi sotto le prefetture.

Dunque sì, avevamo ragione, e salutiamo positivamente il cambio di rotta del Governo.

Ora però chiediamo che, coerentemente, il Governo ritiri il decreto della presidenza del Consiglio che dava avvio alla seconda tranche di privatizzazione.

E chiediamo all'azionista ed all'Amministratore Delegato del Gruppo che si diano gambe ai propositi enunciati di rafforzamento degli asset del Gruppo, in primis a quello logistico, in coerenza anche con gli enunciati del piano industriale.

Come CGIL siamo fermi sostenitori della necessità di un intervento pubblico nell'economia, lo abbiamo dichiarato con la presentazione del Piano per il lavoro, e se questa idea di un controllo pubblico delle reti, oggi enunciata da Giacomelli, e di mantenimento del controllo sulle aziende di sistema, dopo 20 anni di elogio al libero mercato, segnasse un ripensamento generale di politica economica non potremo che esserne lieti.

Ci rammarica però ancora una volta "la politica degli annunci" di operazioni che coinvolgono aziende così importanti, che comporta drammatiche incertezze per le aziende stesse. Il Governo dovrebbe essere più cauto e, in generale, rimettere mano ad una centralità di programmazione di politica economica di sistema che consenta all'Italia di invertire la tendenza che la vede ancora tra i paesi europei più in difficoltà a traguardare obbiettivi di crescita e di sviluppo occupazionale.

Dopo queste dichiarazioni rimane comunque alta l'attenzione del sindacato sino all'atto formale di ritiro del decreto. Riteniamo inoltre che debba proseguire la mobilitazione relativamente ai progetti di riorganizzazione sino a quando Poste Italiane non riaprirà un confronto atto ad eliminare le storture di assetto e di applicazione degli accordi sottoscritti.

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