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In data 20 luglio 2017 si sono incontrate a Roma le Segreterie nazionali di SLC CGIL, FISTEL CISL, UILCOM UIL, UGL Telecomunicazioni unitamente con il coordinamento delle RSU e l’azienda Tim Spa con all’oggetto smart working e piano spazi.

L’azienda ha illustrato i risultati della sperimentazione sullo smart working, terminata nel febbraio. Il dato emerso registra una soddisfazione da parte delle persone coinvolte verso questa nuova modalità che la legge sul lavoro autonomo del jobs act definisce “lavoro agile. Un’occasione quindi per affrontare un argomento positivo ma che, purtroppo,  ha visto il confronto prendere una piega sbagliata sia nel merito che nel metodo.

Tim ha presentato la sua idea per una nuova modalità organizzativa che, pur rimanendo legata alla adesione volontaria (come prevede la legge sul lavoro autonomo del 22 maggio 2017), è contraddistinta da un generale arretramento delle condizioni dei lavoratori nelle modalità di esecuzione della prestazione in  smart working (giorni, ticket pasto, ecc.), cui si aggiungono le rilevanti implicazioni in termini di controllo a distanza alla luce delle note modifiche introdotte alla materia dal jobs act.

In pratica grazie a questo nuovo accordo ai lavoratori di Asa verrà applicata l’art 53 CCNL TLC quando operano dalla normale sede di lavoro (controllo effettuato sul gruppo/modulo), mentre quando non saranno in sede avranno  il controllo gerarchico individuale sulla prestazione.  Una condizione pasticciata, ibrida, utile solo a creare confusione. Riteniamo inoltre inaccettabile la cancellazione, rispetto alla precedente sperimentazione, del riconoscimento del ticket pasto quando la persona lavora fuori dalle sedi aziendali.

Infine, l’azienda si è inspiegabilmente rifiutata, nonostante le nostre ripetute sollecitazioni, di mostrare la lettera individuale che il lavoratore dovrebbe firmare all’atto dell’adesione allo smart working.

SLC CGIL ha pertanto ritenuto non vi fossero le condizioni per siglare un accordo su un argomento come lo smart working,  già regolato dalla legge e rispetto al  quale quindi l’accordo sindacale dovrebbe servire a  migliorare le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori a cui esso si applica.

Successivamente Tim ha presentato la sua idea di riorganizzazione della materia sul telelavoro oggi esistente in azienda. Attualmente vi sono tre gruppi differenziati di telelavoristi creatisi nel tempo: il primo gruppo vede 272 lavoratori, provenienti dal servizio 12.54, ai quali sono riconosciuti il ticket ed una quota a risarcimento di spese di energia ed affitto; un secondo gruppo di lavoratori, creatosi nel 2008, che lavora in parte a casa e in parte in sede aziendale ed al quale l’azienda riconosce solo il ticket; infine un gruppo creatosi a seguito degli accordi del 27 marzo 2013 e facenti parti di sedi in chiusura del 187, i quali hanno scelto il telelavoro in alternativa al trasferimento di sede ed ai quali non viene riconosciuta alcuna forma di indennizzo. Tim ha scelto di rendere omogenee le condizioni di questi tre gruppi nel modo più regressivo, cioè tagliando le condizioni economiche (ticket) sino ad oggi riconosciute ai 270 telelavoristi del primo gruppo.

Accordi che SLC CGIL non ha firmato  perché giudicati sbagliati nel merito così come nel metodo e che si ritiene non siano da considerarsi validi poiché sottoscritti senza la maggioranza delle RSU, come risulta evidente da un semplice sguardo ai verbali.

La Segreteria Nazionale SLC CGIL

 

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