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“Sulle politiche degli appalti, TIM ha avviato un taglio dei costi che coinvolge tutti i fornitori, mettendo in discussione l’insieme della filiera e la stessa sostenibilità industriale dell’azienda – così denunciano in una nota congiunta le segreterie nazionali di Slc Cgil – Fistel Cisl – Uilcom Uil.

L’ex AD di TIM Cattaneo, immediatamente dopo la nomina, realizzò un consistente taglio dei costi per circa 1 miliardo di euro verso i fornitori per raggiungere gli obiettivi di risparmio del piano 2016 – 2018, con la promessa di consolidare i volumi e stabilizzare i prezzi delle commesse.

I cambiamenti di politica industriale, rispetto a queste dinamiche applicate dall’azienda, sempre di più sono orientati non alla competizione e al rilancio dei nuovi servizi con il potenziamento della infrastruttura di fibra, ma alla creazione di operazioni finanziarie per sostenere il titolo a partire dal taglio dei costi, tornati al centro delle strategie dell’azienda.

In questi ultimi mesi TIM è praticamente ferma sugli investimenti, sulle strategie industriali, sul rilancio del business e registra un peggioramento dei ricavi: l’attenzione si è spostata sulla divisione del perimetro aziendale (societarizzazione della Rete), taglio degli organici, ulteriore riduzione dei costi industriali e blocco dei pagamenti ai fornitori, come ritorsione all’indisponibilità a rivedere i costi delle commesse dopo la lettera a loro inviata nella quale si chiede un taglio lineare tra il 10% ed il 20%.

Sulle politiche industriali, dopo il CDA del 6 Marzo, si avvierà un confronto tra l’azienda e le organizzazioni sindacali, per acquisire i dettagli del piano industriale 2018 – 2020. Sul taglio dei costi e il blocco dei pagamenti delle fatture ai fornitori esprimiamo tutto il nostro disappunto verso TIM che, da quando è soggetta alla Direzione e Coordinamento da parte di Vivendi, ha smarrito l’etica sociale e d’impresa, mettendo in forte discussione la continuità aziendale delle ditte fornitici con il serio rischio di pesantissime conseguenze occupazionali.

Ci sono aziende che in questi anni per far fronte agli investimenti annunciati da TIM sulla fibra e sulla crescita dei clienti hanno sostenuto significativi investimenti sui sistemi di ingegneria di Rete, apparati innovativi sul 4G e 5G, innovazione dei processi nei Customer Care, finalizzati agli interessi di TIM, oggi compromessi dalle speculazioni dell’azionista di maggioranza e di un management che non conosce le dinamiche del nostro Paese.

Il comportamento di TIM risulta anche in forte controtendenza rispetto al percorso preso dalle Istituzioni con le OO.SS Confederali e Asstel, che ha permesso di regolare il costo degli appalti pubblici di attività dei call center, fissando un costo minimo che rispetta il CCNL, attraverso un decreto. E’ evidente che la gestione degli appalti al ribasso ha prodotto soltanto effetti negativi, per questo è necessario un cambio di paradigma fondato sul rispetto delle regole e dei contratti, sulla qualità e sulla trasparenza della filiera.

SLC CGIL – Fistel CISL – UILCOM UIL, a fronte di quest’atto di “prepotenza aziendale” che si pone l’obiettivo coercitivo di sostituire le attuali ditte di appalto con altre a minor costo, sono molto preoccupate per il futuro di TIM, delle imprese degli appalti, per l’insieme dell’occupazione e per il rischio di una degenerazione delle condizioni di lavoro in tutta la filiera delle TLC.

Ridurre il costo degli appalti significa ridurre la qualità dei servizi al cliente e quindi avere una scarsa competitività con gli altri operatori di Telecomunicazioni, rischiare di favorire l’utilizzo di lavoro irregolare, avere ricadute negative sugli incidenti sul lavoro.

Le OO.SS. chiederanno nelle prossime ore un incontro urgente al MISE per denunciare gli atteggiamenti provocatori di TIM e le conseguenze che ne derivano sul piano industriale ed occupazionale della filiera, avvieranno inoltre, un confronto con i Sindacati delle altre categorie che rappresentano gli altri lavoratori degli appalti per avviare una durissima mobilitazione con presidi sotto le Direzioni Generali dell’Azienda a Roma e Milano.

La difficile gestione del piano industriale di TIM con la societarizzazione della Rete, gli esuberi annunciati, l’eventuale utilizzo di ammortizzatori sociali non condivisi e l’incertezza del futuro rischia di far deflagrare l’insieme della importante filiera di TIM, che vede occupati nel nostro Paese, direttamene nel gruppo TIM 50.000 lavoratrici/lavoratori ed indirettamente altri 40.000, una azione che ribadiamo potrebbe avere drammatici impatti sociali.

Confidiamo quindi nel buon senso delle parti in causa per riportare la discussione sul piano della responsabilità che non può trovare il nostro favore se prevalgono da parte di TIM esclusivamente logiche finanziarie.

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