A distanza di 18 anni dalla privatizzazione di Telecom Italia, il risultato che viene consegnato al nostro Paese è un impietoso bilancio negativo.
Da un’azienda tra i maggiori player mondiali del settore, presente in diversi continenti e con una avanzata capacità tecnologica, economicamente sana e adeguatamente capitalizzata, siamo passati ad un’azienda concentrata solo sull’Italia e sul Brasile, con un fatturato attuale (circa 19 Mld) sensibilmente più basso di allora (circa 23 Mld), fortemente indebitata (circa 25 Mld), con minori investimenti e con decine di migliaia di dipendenti in meno.
Un quadro impietoso che descrive un’azienda fortemente impoverita.
Il problema principale di cui ha sofferto TIM è la sostanziale instabilità della Governance aziendale, dalla privatizzazione ad oggi ed il fatto di essere diventata una azienda privata ma che deve rispettare stringenti obblighi di legge derivanti dall’essere stata monopolista.
Gli ultimi mesi ci hanno poi consegnato uno scenario straordinariamente preoccupante con l’emersione di migliaia di potenziali esuberi gestiti senza effetti traumatici grazie ad un importante accordo di tenuta, realizzato dal sindacato confederale utilizzando i “Contratti di solidarietà” sottoscritti al Ministero del Lavoro l’11 Giugno 2018, il tutto mentre si consuma una battaglia per il controllo dell’attuale Gruppo TIM tra due azionisti (VIVENDI ed ELLIOT) che prosegue ormai da mesi e che non accenna a placarsi.
Un vero e proprio conflitto che rischia di far finire in secondo piano le scelte da compiere per garantire la continuità e lo sviluppo del Gruppo TIM, nel quadro di un Paese che fa fatica a tenere il passo della crescita globale anche a causa della endemica scarsità di grandi aziende ed adeguate infrastrutture.
L’ascesa del Gruppo Vivendi in TIM, con finalità legate al business dei contenuti, ha messo in evidenza la debolezza del sistema infrastrutturale del Paese in mano all’ex monopolista e i ritardi dell’Italia rispetto agli obiettivi dell’agenda digitale 2020.
In questo contesto estremamente complesso le Segreterie Nazionali SLC CGIL - FISTEL CISL - UILCOM UIL hanno salutato con favore la decisione della Cassa Depositi Prestiti (CDP) di entrare nel capitale sociale di TIM, atto al quale non ha tuttavia corrisposto la indispensabile chiarezza sul futuro dell’azienda.
La presenza di CDP nel capitale deve puntare a salvaguardare e rafforzare la funzione strategica di TIM quale importante volano per lo sviluppo, contribuire alla stabilizzazione finanziaria dell’azienda ed a salvaguardare il patrimonio occupazionale diretto e dell’indotto che allo stato attuale vede complessivamente occupati circa 100.000 Lavoratrici/lavoratori.
SLC CGIL - FISTEL CISL e UILCOM UIL, di fronte al sostanziale immobilismo che caratterizza l’attuale situazione aziendale ed il contestuale emergere di “voci” su presunti progetti di “spezzatino”, ribadiscono la loro totale contrarietà al riguardo e la contestuale necessità di difendere il patrimonio industriale e professionale dell’intero perimetro del Gruppo TIM in Italia, della sua Rete, dei suoi Assets anche a seguito di eventuali operazioni industriali e societarie che potrebbero determinarsi.
Va inoltre ancora una volta ricordato che, in tema di scorporo societario della rete TLC dell’ex monopolista, non vi è nessun esempio in Europa e pochissimi isolati casi nel mondo; il progetto di societarizzazione della Rete che TIM sta avviando deve prevedere il riassorbimento sotto un’unica entità anche di Open Fiber ed il suo mantenimento entro il perimetro del Gruppo per evitare che l’Italia perda un’azienda, la quinta impresa privata del Paese, con una massa critica sufficiente a garantire gli elevati investimenti necessari per l’implementazione della banda Ultra Larga (100 Mbps).
La Nuova TIM dovrà garantire scelte di politica industriale coerenti con gli interessi generali del Paese in materia di innovazione, sviluppo digitale e sicurezza delle Reti, dovrà valorizzare, innovare, difendere e sviluppare l’infrastruttura di rete nazionale garantendone l’apertura con una nuova regolamentazione che garantisca le pari opportunità per tutti gli operatori del settore.
Il gruppo TIM, nonostante i colpi subiti in questi ultimi venti anni, ha ancora oggi enormi potenzialità ed un altissimo valore strategico per l’Italia e, per quanto ci riguarda, ribadiamo con forza la necessità che deve rimanere integro ed in tal senso ci batteremo contro ogni ipotesi, da chiunque provenga, di ‘spezzatino’ del gruppo TIM che comporterebbe innanzi tutto esuberi di migliaia di lavoratori.
Le OO.SS. ritengono importantissimo lo sviluppo digitale del Paese, ma la gara sulle frequenze del 5G, avvenuta con regole d’asta che hanno causato la sua lievitazione dei prezzi, rischia per l’entità del costo delle frequenze di aggravare la situazione finanziaria di TIM che ha impegnato in proposito ben 2,6 Mld, aumentandone il debito e, privandola delle necessarie risorse per gli investimenti innovativi.
Il paradosso che stiamo vivendo come parti sociali confederali e l’insieme dei lavoratori del Gruppo TIM è quello che una grande azienda del Paese rischia di spegnersi giorno dopo giorno nell’indifferenza della politica e del Governo, nonostante il cospicuo investimento pubblico della CDP caratterizzato, allo stato attuale, da una forte perdita di valore per il crollo del titolo.
Il Ministro del Lavoro in occasione della firma dell’accordo sulla solidarietà si era impegnato a convocare in tempi brevi le OO.SS. di categoria per aprire un tavolo presso il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) sul comparto delle TLC, sul futuro del Gruppo TIM e della RETE in quanto detentore della “Golden Power”, purtroppo a distanza di 4 mesi non è arrivato nessun riscontro con il rischio che gli accordi sottoscritti non siano sufficienti a scongiurare ulteriori esuberi.
Le SEGRETERIE NAZIONALI SLC CGIL – FISTEL CISL – UILCOM UIL