Relazione Convegno SLC su Previdenza
1° luglio 2020 h 15
Nuova riforma previdenziale – investimento dei fondi di previdenza complementare sull’economia reale - problematica dei fondi connessa all’emergenza sanitaria
Care compagne e cari compagni,
la grave situazione in cui ci troviamo è ben nota a tutti, la Pandemia che ci ha colpiti ed che è ancora in corso, con migliaia di morti, centinaia di migliaia di ammalati, il blocco per mesi di quasi tutte le attività, il dover stare chiusi in casa, l’impatto sulle aziende che rappresentiamo è ancora devastante per tutti noi. La perdita del prodotto interno lordo continuerà a produrre difficoltà al mondo della nostra categoria, ma nel frattempo noi non ci siamo risparmiati, gestendo questa emergenza anche da remoto.
Una cosa però è certa, davanti a tutti noi, la Sanità o è pubblica, o non è.
E’ necessario, indispensabile e vitale ritornare ad investire sulla sanità pubblica.
Sì a nuovi ospedali più efficienti, sì a più medici di base sui territori, sì a più servizi ambulatoriali e domiciliari, sì ai fondi del MES subito da investire nella sanità.
Avremo modo, da Settembre, di confrontarci anche su questi temi, sul valore della sanità, sul rafforzamento del ruolo pubblico, sulla ridefinizione, anche tra noi, dei fondi integrativi sanitari a partire dai nostri negoziali, sia in convenzione con compagnie di assicurazione (Salutesempre) che diretti (Assilt), una discussione merita anche il ruolo che vogliamo dare ai CRAL, sia per il tempo libero e che in funzione anche e soprattutto del benessere culturale e di bellezza, in sintonia con l’art.9 della nostra Costituzione, argomenti questi da approfondire anche con la compagna Emanuela Bizi, responsabile SLC per i settori Sport e Cultura.
Nella riunione di oggi ci occuperemo della parte previdenziale.
PREVIDENZA PUBBLICA
Per CGIL, CISL e UIL è prioritaria la costruzione di una riforma organica del sistema previdenziale, proposta già presentata al Governo prima dello scoppio della Pandemia, con l’uscita flessibile a 62 anni, già dal 1° gennaio 2022, cioè alla fine del periodo dei tre anni di quota 100, che scade il 31 dicembre 2021.
Così i costi saranno più ridotti rispetto a prima, in quanto saranno sempre di più i periodi contributivi della platea, non ci sarà più quasi nessuno col retributivo fino al 2012 (chi aveva più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995), saranno tutti già usciti e in pensione. Il calcolo contributivo, quindi, dal 1° gennaio 1996 abbatterà il costo.
In più dal 2021 cambieranno i parametri di calcolo (moltiplicatore del montante) in base alla legge già in vigore, quindi si abbasserà il rateo di pensione.
Nei confronti in atto col Governo per il contrasto alla pandemia, si cercherà di introdurre misure di carattere previdenziale.
Gli interventi oggi previsti di natura previdenziali sono pochi:
1) Congedi parentali
2) Bonus Baby Sitter
3) Conteggio della malattia fino al 31 luglio come ricovero ospedaliero
Tutt’ora non è stata ancora affrontata la questione dei lavoratori fragili, la non idoneità alla mansione (cronici magari con più di 60 anni) oggi è un vero problema, la norma anti contagio infatti, consiglia, anzi obbliga, a non uscire di casa anziani e portatori di patologie.
Come sappiamo, oggi, a parte Quota 100, l’accesso alla pensione di vecchiaia è a 67 anni. I lavoratori fragili faticano a rientrare in azienda e sono necessarie misure urgenti, collegate in parte al Covid, per chi fa lavori a rischio, trasformando gli ammortizzatori in strumenti universali da utilizzare per tutte le aziende per anticipare l’età del pensionamento.
Gli strumenti oggi esistenti sono Ape Social, Isopensione, Fondi aziendali, Naspi, contratti di espansione.
Io penso che bisogna costruire uno strumento universale di accesso per tutte le aziende che per crisi, ristrutturazione o per ricambio generazionale, favorisca l’assunzione di giovani e che accompagni per alcuni anni dal lavoro alla pensione, garantendo il diritto previdenziale e la copertura salariale e contributiva utilizzando sia il contributo pubblico, sia la partecipazione finanziaria dell’azienda. In pratica la nostra proposta è che a un lavoratore a cui manchino 3 anni per la pensione si certifichi immediatamente il diritto e la copertura economica e contributiva piena per i tre anni mancanti. Questo intervento andrebbe finanziato in parte dalle aziende e in parte dagli strumenti come Naspi e altro, come sopra.
E’ necessario modificare la norma per i lavoratori precoci, abolendo l’anno di lavoro prima dei 19 anni, e per quelli che svolgono attività gravose (la Commissione prevista per individuare i lavori gravosi non è stata ancora istituita), si potrebbe anche migliorare l’attuale norma riservata esclusivamente ai lavoratori con una invalidità superiore all’80% che ne anticipa la pensione di vecchiaia ai 62 anni.
Avviare il ricambio generazionale in tutti i settori, utilizzando tutti gli strumenti utili sia previdenziali che contrattuali, per l’anticipo della pensione di 2-3 anni in questa fase, per i fragili, flessibilità con la possibilità, dai 62 anni e 30 di contributi, di poter lasciare il posto di lavoro.
Necessario avviare confronti ed accordi sulla organizzazione del lavoro, che oltre alla compatibilità delle distanze anti-contagio, deve favorire la riduzione dell'orario nel ciclo produttivo, a parità di salario.
La riforma si rende necessaria per correggere i parametri sul calcolo, il sistema contributivo è iniquo, è come il sistema assicurativo e non ha nessun elemento solidaristico.
Introdurre la pensione contributiva di garanzia per i giovani e le donne che corregga il mero calcolo del sistema contributivo “tanto versi tanto prendi”, ed è necessario correggere perché abbiamo il lavoro povero a basso reddito, con tanti part-time involontari da 18-20 ore a settimana che potrebbero lavorare così per 40 anni, come nei nostri call Center e nelle imprese di pulizia, con una prospettiva di pensione di soli 350-400 Euro mensili, la cosiddetta nuova povertà in tarda età, a tal proposito voglio ricordare che la legge ha cancellato l'integrazione al minimo nel sistema contributivo.
Poi c’è il tema delle donne rimane sempre caldo. Oggi il 55% dei pensionati sono donne, ma hanno una pensione del 35% in meno degli uomini, solo il 36% delle donne oggi sono in pensione di anzianità, e solo il 17% sono pensionate precoci, il 37% in Ape Social, nel 2019 solo 40.000 in quota 100, il 27% in pensione.
Bastano questi dati a dimostrare come fosse ben motivata la Legge che prevedeva l'anticipo di 5 anni del pensionamento di vecchiaia per le donne, e la sua abolizione è stata assolutamente una norma di disparità, acuendo la disuguaglianza tra uomini e donne.
La tabella di accesso oggi alla pensione contributiva allunga dai 67 fino ai 70/ 71 anni a coloro che non arrivano al famigerato 1,5 volte la pensione sociale, cioè almeno 650 Euro al mese, e la stessa questione vale per i part-time involontari.
Lo stesso ragionamento vale per l’altro indice il 2,8 volte la pensione sociale, cioè una pensione mensile di 1285 per accedere, prima dei 67, con almeno 20 anni di contributi. Anche qui solo le pensioni ricche superano con 20 anni l’importo di 1285 Euro.
Andrebbero aboliti i parametri 1,5 e 2,8 volte della pensione sociale, per poter andare in pensione di vecchiaia al compimento dei 67 anni con una rendita 1,5 volte la pensione sociale il trattamento minimo (che ora è di 650 Euro) oppure di andare prima dei 67 anni ma solo con almeno 1285 di pensione mensile.
Nella riforma previdenziale che vorremo andrebbero corretti i sistemi di contribuzione figurativa anche aggiuntiva per l’accesso alla pensione, sia nel diritto che nella misura, come ad esempio un anno per ogni figlio, un anno ogni 3-4 anni di cura per i non autosufficienti.
La riforma è necessaria anche per correggere queste iniquità, e si dovrebbe basare su:
- flessibilità (far decidere ai singoli quando uscire)
- solidarietà (lavoro di cura, maternità)
- sostenibilità sociale (introdurre coefficienti di valorizzazione dell'importo contributivo a carico dei datori di lavoro - Es. lavoratori dello spettacolo: hanno una contribuzione maggiore perché una quota figurativa compensi la discontinuità della loro attività).
L’evasione contributiva, come quella fiscale, deve essere imprescrittibile, si tratta di furti di futuro, vere e proprie ruberie del benessere comune.
La riforma si può e si deve fare. La spesa pensionistica diventerebbe più sostenibile, passerebbe dal 15% al 12% sul PIL, con una partita di giro tra i 250 miliardi previsti di spesa, e i 50 miliardi che rientrerebbero dalle tasse, certo il calo di oltre i 12 punti del PIL causati dalla pandemia non giocano a favore, solo alla ripresa autunnale riusciremo a comprendere i veri effetti, con lo sblocco dei licenziamenti sarà necessaria una massiccia campagna di investimenti pubblici e noi come categoria dobbiamo fare la nostra parte, sviluppando le nostre reti TLC e Postali, l’industria, lo sport e la cultura, per trainare l'economia ed elevare il benessere sociale.
Senza scordarsi la messa in sicurezza del patrimonio infrastrutturale del nostro Paese con lavoro dignitoso regolare e ben retribuito.
PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Alcuni dati Covip (Commissione di vigilanza sui Fondi Pensione):
A fine 2019 il numero delle posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari si è attestato sui 9,3 milioni, la crescita nell’anno è stata di 393mila adesioni (circa il 4,5%).
I Fondi negoziali hanno registrato 159mila posizioni in più (circa il 5,3%), portando il totale a 3 milioni 161mila.
La maggior crescita è nei 10 maggiori fondi, come quello edile, mentre il Pubblico impiego ha un incremento più basso.
FORME PENSIONISTICHE DI MERCATO
I Fondi Aperti contano 1 milione 551 posizioni, 89 mila in più nel 2019 (circa il 6,1%).
I PIP (Piani Individuali Pensionistici) contano 3 milioni 419mila, con una crescita del 4,4% (144mila unità), ma in rallentamento rispetto agli altri anni.
I Fondi Preesistenti circa 650 adesioni.
RISORSE GESTIONE
Fondi Negoziali – Patrimonio di circa 56,1 Miliardi, + 11,4%
Fondi Aperti – Patrimonio di circa 22,8 Miliardi, + 16,4%
PIP nuovi - Patrimonio di circa 35,6 Miliardi, + 15,8%
Fondi preesistenti - Patrimonio di circa 63 Miliardi
I dati confermano ancora le forti diseguaglianze tra imprese grandi e piccole, scarsa adesione dei giovani e delle donne.
Gli iscritti sono circa il 20% dei dipendenti concentrati maggiormente nelle grandi aziende del nord, e le donne sono solo il 27%.
Se non si interviene i fondi negoziali perderanno ancora.
Il compagno Ghiselli, Segretario Nazionale CGIL e Vice Presidente di Assofondopensioni (la cui Presidenza è di Confindustria) ha imposto e proposto con tenacia progetti di ripresa appena approvati: Progetto rilancio adesioni e Progetto
economia reale.
PROGETTO RILANCIO ADESIONI
Prevede:
- Promozione tra i lavoratori dell’educazione previdenziale (anche finanziaria): relazione tra previdenza pubblica e complementare, incentivi fiscali, contributi del datore di lavoro
- Incremento delle adesioni ai fondi negoziali attraverso la rete territoriale, con accordi che si stanno stipulando tra Fondi, Patronato Inca e Caaf. Il Progetto prevede risorse per il patronato per poter proporre l’iscrizione ai Fondi all’utenza che si reca lì per altre pratiche.
Tutti i costi del Progetto sono a carico del singolo fondo, e sono circa 3-4mila Euro per l’allargamento della piattaforma informatica che preveda l’iscrizione tramite Patronato, e 40€ una tantum come contributo spese per ogni nuova iscrizione.
E’ necessario sviluppare una forte integrazione sul territorio, tra Camere del Lavoro, Inca, Caaf e categorie. Se il lavoratore si iscrive presso l’Inca o il Caaf, la quota di 40 Euro andrà così suddivisa: 30 al servizio e 10 alla categoria, se la categoria, attraverso i suoi delegati, raccoglie le adesioni e le porta al Patronato per l’inserimento, solo 10 Euro vanno al servizio, e 30 restano in categoria.
Il progetto prevede anche un importante periodo di formazione in rete per delegati e funzionari di categoria, con produzione di materiale informativo sia cartaceo che su web.
Questo obiettivo di rilancio del progetto di adesione ai fondi negoziali è un risultato rilevante, non è solo un progetto organizzativo né tantomeno contabile, e neanche un modo per recuperare soldi dai fondi a beneficio della categoria, ma è un vero progetto politico, per le aziende che dobbiamo portare avanti con i nostri delegati, e per i nostri gruppi dirigenti.
Il rilancio della contrattazione deve riguardare tutti i nostri 7 fondi: Byblos, Fondo Poste, Telemaco, Mediafond, Craipi, Fondapi, Fondo Casella.
L’adesione diventa prioritaria tutta la linea del Welfare contrattuale che vogliamo organizzare.
Ovviamente va aggiunto il supporto legislativo dei benefici fiscali delle somme destinate al fondo.
Il contributo aziendale deve essere solo per i fondi contrattuali e non può essere derogato né ai PIP, ne ad altre forme previdenziali non negoziali.
Sei il lavoratore sceglie liberamente fondi non contrattuali, paga integralmente lui, senza il contributo del datore di lavoro, cosa che invece avrà se deciderà di aderire tramite mediazione contrattuale.
Il contributo datoriale invece dovrebbe essere dato a tutti i lavoratori, per questo dovremo potenziare la campagna di adesione, soprattutto nelle piccole aziende, dove non abbiamo una forte presenza, considerando che il datore di lavoro non ha nessun interesse a far iscrivere il lavoratore, anzi ha l'interesse opposto di non far sapere lavoratore che c'è il fondo negoziale, quindi l'iscrizione al fondo dovrebbe essere obbligatoria e automatica per tutti all'atto dell'assunzione per almeno due anni (con il solo contributo del datore di lavoro), tempo da utilizzare per convincere
il lavoratore alla scelta volontaria, altrimenti lo stesso può decidere di cessare l’iscrizione, pur conservando soldi versati e posizione.
IL datore di lavoro continuerà a versare però la quota del lavoratore ‘cessato’ a beneficio degli altri lavoratori dell’azienda che invece si sono iscritti al Fondo.
Dovremo contrattare l'incremento del contributo del datore di lavoro ed arrivare almeno in tutti i settori al 3% del monte salariale, perché in alcune aziende siamo fermi all’1,5 e al 2%.
Nei prossimi mesi, stabilite le convenzioni, daremo avvio, anche tramite i compagni presenti nei CDA dei nostri fondi, a delle riunioni per condividere i progetti e programmare le campagne di formazione di informazione, in primis con funzionari e delegati delle singole aziende.
L'emergenza sanitaria la chiusura delle attività per molte aziende, la Cassa Integrazione per Covid, i ritardi dei benefici dei DPCM a sostegno dell’impresa, hanno provocato seri problemi di liquidità a tante aziende. Come sapete, il versamento delle quote di previdenza integrativa non hanno subito tagli o differimenti, il che ha portato qualche difficoltà nel regolare versamento delle quote. E’ auspicabile fare accordi di differimento di tale obbligo, previa informazione e conoscenza dell’esatta situazione debitoria dell’azienda, per evitare ed escludere furberie.
INVESTIMENTO DEI FONDI SULL’ECONOMIA REALE
Altro obiettivo politico raggiunto (grazie ancora alla perseveranza e alla tenacia del compagno Ghiselli), innanzitutto unitario (nonostante la faticosa mediazione non solo con le aziende): l’Accordo con Cassa Depositi e Prestiti, che mette a disposizione la struttura, i fondi, i direttori, e pure i soldi.
E’ realtà il FII SGR (Fondo Italiano d’Investimento, partecipato a maggiorana da CDP).
E’ l’unico operatore di Fondi con una strategia focalizzata sull’economia reale, con Private Equity e Private Debt già operative e Fondo Infrastrutture in costruzione.
Si scelgono aziende su cui investire che non solo devono rispondere a parametri di efficienza ed efficacia, ma che applichino i contratti di lavoro, quindi si sostiene anche la buona occupazione del nostro Paese.
Tutti i compagni in seno ai CdA dei fondi sono impegnati a far approvare le quote di investimento nelle linee già operative. Ora potremo finalmente investire in Italia, e non all’estero, i soldi dei risparmi previdenziali dei nostri lavoratori.
Naturalmente la nostra Organizzazione si batterà affinché anche la linea di investimento sul fondo infrastrutture diventi operativa al più presto.
Nicola Di Ceglie
Segretario Nazionale SLC CGIL
Area Welfare e Previdenza