La segreteria nazionale SLC CGIL ritiene che il recepimento della Direttiva europea sul Copyright sia un importante risultato e valuta che i relativi decreti attuativi saranno fondamentali per la sua piena applicazione, sia per gli Autori che per l’intera filiera dell'Editoria.
I punti essenziali da inserire nei decreti attuativi, come rappresentato nell'audizione, riguardano:
- l’identificazione di un sistema di licenze agile ed equo, in grado di incentivare le utilizzazioni legali dei contenuti protetti;
- l’obbligo di un accordo di compenso economico tra Autori ed Editori, per la diffusione dei contenuti editoriali-informativi da parte delle piattaforme digitali;
- l’intervento del soggetto “terzo” in caso di mancato accordo tra le parti, con individuazione dei tempi e dei criteri con cui Agcom dovrà giungere alla definizione del compenso;
- il riferimento ai contratti collettivi nazionali di lavoro per l'individuazione dei parametri di compenso economico, come il contratto dei grafici editoriali rappresentativo del settore;
- la chiara specifica del concetto di "estratto breve", al fine di rendere realmente applicabile la normativa ed evitare nei fatti l'elusione della stessa.
Occorre introdurre un sistema di regole chiare e precise, a garanzia della trasparenza, autonomia e correttezza dei prodotti editoriali informativi e a tutela di un mondo del lavoro precario e sottopagato.
Non vi è dubbio che la Direttiva europea 2019/790, c.d. Direttiva Copyright, rappresenti una grande opportunità di legalità e insieme di riconoscimento del lavoro creativo.
Per effetto dello sviluppo tecnologico menzionato nel Considerando n. 3 – uno sviluppo che non deve essere contrastato, ma armonizzato con i diritti scaturenti dalla produzione creativa – ci troviamo ad un bivio: se oggi è più facile evadere il diritto d’autore a causa delle possibilità di upload e download, sono del pari aumentate le opportunità di diffusione legittima e compensata delle opere dell’ingegno e dunque i proventi ipotetici degli Autori e degli Editori sulle opere diffuse, che si tratti di canzoni, fotografie, testi od opere dell’arte grafica.
La scelta deve essere dunque orientata non già alla sola e mera repressione dei fenomeni di pirateria informatica, non potendosi in realtà arginare efficacemente la marea di utilizzazioni irregolari che vengono poste in atto ogni minuto in ambito digitale, bensì a facilitare, a rendere agevole ed equo l’ottenimento delle licenze, in analogia con quanto le amministrazioni locali e centrali fanno da tempo in Italia in molti altri settori.
Gli ostacoli a mettersi in regola finiscono in qualche modo per legittimare gli utenti, anche solo psicologicamente, ad optare per la soluzione più comoda e a non utilizzare il servizio oppure a non pagare, confidando nella statistica e pertanto nella aleatorietà dei controlli.
E invero, i controlli sulle utilizzazioni online di opere protette sono particolarmente ardui e in qualche modo, ci si passi il termine, sempre e comunque “a campione” – per quanto accuratamente si provi ad effettuarli – a causa della quantità enorme, per l’appunto, di upload e download.
Secondo i dati diffusi da Hootsuite nel 2020, in Italia ci sono 80 milioni di connessioni smartphone e 50 milioni di connessioni internet attive, calcolate su una popolazione globale di oltre 60 milioni di abitanti, il che legittima una presunzione di utilizzo o fruizione ingente di materiale anche protetto da copyright.
L’intervenuta liberalizzazione del settore delle collecting ha oggettivamente complicato il sistema di rilascio delle licenze, perché in luogo dello “one-stop shop” raccomandato dalla Direttiva Barnier (una Direttiva incompleta ed in parte contraddittoria, come SLC ha avuto modo di evidenziare prima d’ora) si è parcellizzato e frantumato il fronte degli artisti e dei loro intermediari ed è oggi meno agevole ed immediato “mettersi in regola”, con riguardo alle utilizzazioni che si intendono effettuare di materiale protetto.
Già nel 2016 TeamArtist, un sito specializzato nel supporto alle associazioni anche di tipo culturale, paventava che la moltiplicazione delle società di collecting potesse dare origine a richieste multiple ed economicamente insostenibili e consigliava di utilizzare repertori in pubblico dominio, o coperti da licenze di Creative Commons (https://bit.ly/3zhaZu7). Un approccio semplicistico ed esagerato, oltre che provocatorio – gli utenti finali vogliono godere anche dei repertori di qualità o magari di successo, non solo di quelli amministrativamente più accessibili – ma di fronte alla prospettiva odierna di far emergere e regolarizzare milioni di utilizzazioni online sommerse, occorre tenerne conto e non ripetere gli errori del passato.
Gli Autori e gli Editori non vogliono tanto, o non vogliono solamente, reprimere o semplicemente sanzionare le utilizzazioni dei loro repertori quanto agevolarle, renderle facili ed eque ed in caso di abuso, sanarle, diffondendo l’abitudine alla legalità ed al compenso del lavoro artistico ed intellettuale non solo perché giusto, ma anche perché comodo, liberatorio e facile da adempiere.
Le opere devono circolare e generare una filiera di ragionevoli compensi, secondo la loro naturale vocazione, non restare chiuse nei cassetti o all’interno dei contratti di edizione per la paura teorica di abusi che quelli sì, debbono essere resi “scomodi”, difficili, residuali e non convenienti.
In tal senso, l’art. 17 della Direttiva Copyright ha una portata dirompente e dirimente nel sistema normativo che si vuole implementare.
L’atto propedeutico al recepimento vero e proprio della Direttiva in Italia, vale a dire la Legge 22 aprile 2021 n. 53, si è occupato di fissare all’art. 9 una serie di parametri ideali e di identificare le procedure da stabilire.
Con riferimento allo schema di Decreto Legislativo attualmente in discussione, osserviamo qui che la normativa complessiva sembra sin qui favorire effettivamente l’utilizzazione “virtuosa” del materiale coperto da copyright, ovviamente nei limiti dettati dalla Direttiva 790 del 2019.
Non ha infatti senso discutere qui (ed ancora) di alcuni princìpi fissati in ambito europeo, quale quello sul mancato obbligo generale di sorveglianza, che taluni hanno considerato eccessivo.
È chiaro che vi sarà del lavoro da fare per sensibilizzare gli utilizzatori in ordine alla semplicità, equità e convenienza di una forma di legalità sin qui non troppo diffusa nel nostro Paese, ma anche per convincere tutti gli Autori e gli Editori dell’opportunità di facilitare gli adempimenti di chi vorrebbe pagare il giusto con qualche click in rete.
Ci sentiamo pertanto di raccomandare, a favore degli utilizzatori online – una platea potenzialmente assai grande – procedure rapide, comprensibili ed eque, che riconoscano le eccezioni ragionevoli e favoriscano la circolazione dei contenuti dietro compenso.
Dal canto loro, gli aventi diritto dovranno facilitare il contatto con gli utilizzatori e la concessione di licenze il più possibile eque e standardizzate, il che si può ottenere ponendo in essere – secondo i princìpi non del tutto attuati della Direttiva Barnier – il meccanismo dello “one-stop shop”, in modo tale che sia più rischioso e complesso contravvenire che mettersi in regola, potendolo fare rapidamente ed in applicazione di tariffe ragionevoli.
Attuare uno one-stop shop a nostro parere significa, ancora una volta, non moltiplicare gli intermediari e gli adempimenti, nell’ottica dell’abbattimento degli ostacoli che possano impedire il realizzarsi di una nuova cultura del diritto d’autore. Una collecting centrale (quale ad esempio la SIAE, generalista per vocazione e per legge) potrà offrire licenze e modalità di associazione semplificate, anche per conto di una pluralità di società abilitate ad operare nel settore, offrendo facili procedure informatiche di regolarizzazione e scongiurando il pericolo di una diffusa evasione del diritto d’autore a causa delle difficoltà di utilizzazione legale.
Dedotto l’aggio per il proprio servizio, da determinarsi equamente con il concorso delle Autorità vigilanti, l’intermediario unico provvederebbe a riversare i compensi per la gestione, ripartizione e remunerazione in favore degli aventi diritto (Autori ed Editori) presso ciascuna collecting. Con tale attività omnicomprensiva l’intermediario unico curerebbe anche l’attività di licenza, incasso, tutela e vigilanza dei repertori minori e potrebbe anche utilmente affiancare, insieme alle Autorità vigilanti ed alle singole collecting di riferimento, gli Autori, gli Editori e gli utilizzatori nella contrattazione delle licenze, realizzando una ideale conferenza di servizi per il raggiungimento di un bilanciamento sempre più equo e ragionevole dei diversi diritti degli utilizzatori e degli aventi diritto delle opere tutelate.
In conclusione, è interesse primario di SLC-CGIL che la fruizione legale dei contenuti protetti risulti incoraggiata e semplificata, e non già complicata e scoraggiata dall'applicazione della nuova normativa, adottando un sistema per cui l’eventuale rimozione dei contenuti (o la minaccia di rimozione) sia un mezzo per giungere ad un compenso, e non un fine.
Altro punto fondamentale è che gli Autori e gli Editori siano aiutati ed intermediati nella gestione delle licenze e nella verifica delle utilizzazioni, ciò che in uno scenario di upload e diffusioni continue nell'ambito dell'intera rete mondiale non potranno ragionevolmente fare da soli, nella maggior parte dei casi.
Le opere dell’ingegno sono create per essere fruite, e nel momento in cui si stabilisce finalmente a livello europeo un dovere indiscutibile di compensazione per il loro utilizzo, occorre mettere a punto un sistema di licenze di facile accesso e conseguentemente di diffusa adesione.
Roma, 15 luglio 2021
La Segretaria Nazionale SLC CGIL
Area Produzione Culturale Area Industria ed Editoria
Sabina di Marco Giulia Guida
Fabio Scurpa