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Produzione culturale

Roma, 10 giugno 2020

Accesso agli ammortizzatori sociali nell’emergenza Covid-19

CASSA INTEGRAZIONE IN DEROGA

Nessuno escluso

Con lettera indirizzata alle associazioni datoriali il 20 maggio u.s., ricordavamo alle stesse e alle aziende, che il DL 19 maggio 2020, n. 34, pubblicato in G.U., e più precisamente, l’art. 80 lett. b) opera la revisione dell’articolo 46 del DPCM 18/2020 consentendo alle aziende che avessero proceduto al recesso del rapporto di lavoro tra il 23 febbraio e il 17 marzo avrebbero la facoltà di revocarlo facendo contestualmente richiesta di integrazione salariale (cigo, fis o cigd) dalla data di efficacia del licenziamento. Più precisamente, ai sensi e per gli effetti dell’art. 80 del D.L. Rilancio che ha modificato l’articolo 46 del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, il datore di lavoro che nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 17 marzo 2020 abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo può revocare, in ogni tempo, il recesso purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale, di cui agli articoli da 19 a 22 del decreto 18/20, a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. In tal caso, il rapporto di lavoro verrà ripristinato senza soluzione di continuità, e senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro.

Chiedevamo quindi l’immediata attivazione delle aziende del cineaudiovisivo perché, avviando la procedura di richiesta di CIGD o FIS per i propri dipendenti licenziati nel periodo citato, si possa recuperare il gap di tutela che si era verificato.

A tutt’oggi non ci risulta sia stata attivata alcuna azione da parte delle aziende, che, è doveroso dirlo, non può che essere preceduta dalla relativa richiesta da parte dei lavoratori che intendano richiedere quanto sopra.

Riteniamo pertanto necessario attivare la seguente procedura:

 Ogni lavoratore interessato dovrà inviare all’azienda che aveva effettuato il recesso dal rapporto di lavoro nei suoi confronti nel suddetto periodo la richiesta di assunzione in funzione dell’art. 80 DL 34/20 sopra citato;

 A fronte di mancato avvio o di ritardo nell’ avvio della procedura da parte delle aziende il lavoratore ne dovrà dare segnalazione alle scriventi OO.SS.;

 Il datore di lavoro in accettazione di tale richiesta, revoca il licenziamento, subordinandone espressamente l’efficacia alla concessione dell’ammortizzatore sociale richiesto, come da bozza in allegato;

 Raggiunta la comunicazione dai lavoratori interessati e comunque in un ragionevole tempo pari a circa 10/15 gg. (considerato che ogni azienda potrà attivare una sola procedura di integrazione salariale che è collettiva e non individuale), dovrà essere inviata alle OO.SS. la comunicazione preventiva di attivazione dell’ammortizzatore sociale di riferimento;

 Entro 3 giorni potrà svolgersi l’esame congiunto e potrà essere sottoscritto un accordo in sede sindacale;

 Successivamente dovrà essere inviata la richiesta di concreta attivazione dell’ammortizzatore sociale di riferimento agli enti competenti (Inps o regioni);

 Una volta ultimata la procedura e concessa la fruizione dell’ammortizzatore sociale di riferimento, la revoca del licenziamento produrrà i propri effetti, la prestazione lavorativa risulterà sospesa e il lavoratore percepirà il trattamento di integrazione salariale, per il periodo residuo di contratto individuale a suo tempo non effettuato e per la durata massima di 9 settimane, salva la ulteriore proroga di ulteriore 5 settimane da usufruire prima del 31 agosto 2020, dalla data di ricostituzione del rapporto.

L’avvio della procedura è un’azione dovuta da parte delle aziende, visto che il DL citato fornisce alle società di produzione una occasione di recupero del rapporto relazionale che le discutibili scelte di recesso unilaterale dei rapporti di lavoro operate nel periodo citato avevano compromesso e della tutela economica che di conseguenza è venuta meno.

Denunceremo le società di produzione omissive alle istituzioni competenti e alle committenze perché il mancato adempimento possa compromettere l’erogazione di finanziamenti e/o di vantaggi fiscali.

Va comunque evidenziato quanto riportato dal messaggio INPS 2261 del 1 giugno 2020:

“Tuttavia, si fa presente che l’erogazione della indennità NASpI a favore dei lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo – nonostante il divieto posto dall’articolo 46 del decreto Cura Italia – sarà effettuata da parte dell’Istituto con riserva di ripetizione di quanto erogato nella
ipotesi in cui il lavoratore medesimo, a seguito di contenzioso giudiziale o stragiudiziale, dovesse essere reintegrato nel posto di lavoro.

In tale ipotesi, pertanto, il lavoratore è tenuto a comunicare all’INPS, attraverso il modello NASpI-Com, l’esito del contenzioso medesimo ai fini della restituzione di quanto erogato e non dovuto per effetto del licenziamento illegittimo che ha dato luogo al pagamento dell’indennità di disoccupazione.

Inoltre, potrebbe anche verificarsi che – in attuazione della sopra richiamata disposizione di cui al comma 1-bis dell’articolo 46 del decreto-legge n. 18 del 2020 - il datore di lavoro revochi il recesso (il licenziamento per giustificato motivo oggettivo), chiedendo contestualmente per il
lavoratore riassunto il trattamento di cassa integrazione salariale a partire dalla data di efficacia del precedente licenziamento.

In tale ipotesi, quanto eventualmente già erogato a titolo di indennità NASpI sarà oggetto di 

recupero da parte dell’Istituto, in considerazione della tutela della cassa integrazione che verrà riconosciuta al lavoratore in attuazione della citata disposizione di cui al comma 1-bis.”

In altre parole, ciò significa che l’ottenimento della copertura del periodo mediante l’applicazione di CIGD o FIS prevede il recupero di quanto erogato dall’INPS a titolo d’indennità NASpI. È chiaro che quanto temevamo, cioè che la naturale conseguenzialità temporale (trattamento di CIGD o FIS-indennità NASpI) verrebbe stravolta dalla posposizione dell’uno rispetto all’altra.

Viene in nostro soccorso l’art. 68 del decreto Rilancio (34/2020). Le modifiche previste al co. 1 lett. d) prevedono che per le domande di FIS o CIGD avviate dopo il 31 maggio (e non ci risulta che alcuna procedura sia stata attivata prima di tale data) non consentano retrodatazioni superiori alla settimana.

Perciò, in termini di tutela, avranno la copertura temporale prevista per il massimo di 9 settimane previste dal Decreto Cura Italia più le 5 aggiunte dal Decreto Rilancio a partire dal 1 giugno 2020 o da data posteriore.

Quindi, il periodo di integrazione che avrebbe potuto essere richiesto a febbraio e prima del 17 marzo non potrà che decorrere da un giorno successivo al 1 giugno 2020 e per una durata analoga al precedente rapporto non effettuato in servizio.

Conseguenzialmente anche il recupero dell’indennità di NASpI goduto dal marzo aprile o maggio non andrà a sovrapporsi alla integrazione salariale che, lo ripetiamo decorrerà dall’1 giugno.

Se il lavoratore che alla data dell’1 giugno sia ancora in NASpI vorrà richiedere la integrazione salariale, (Cigo, Fis o Cigd) chiaramente dovrà rinunciare alla NASpI, ma solo per il periodo dal 1 giugno in poi.

Al termine del periodo di integrazione salariale, potrà riprendere, se non impiegato in altra occupazione, la NASpI residua (che verrà incrementata per l’ulteriore periodo di copertura figurativa per Cigo, Fis o Cigd.

Ovviamente, qualsiasi ripresa del rapporto di lavoro (sia nuovo, che in prosecuzione delle lavorazioni sospese in febbraio/marzo) sarà incompatibile con qualsiasi richiesta di ammortizzatore sociale.


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