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Martedì 12 dicembre si è svolto presso il Ministero dello Sviluppo Economico, alla presenza anche di una rappresentanza del Ministero del Lavoro, un nuovo incontro tra Almaviva, le OO.SS. nazionali e territoriali e le RSU delle sedi di Roma e Napoli per la procedura di licenziamento collettivo che prevede la chiusura delle due sedi.
L’azienda ha ribadito le proprie posizioni: abbassamento del costo del lavoro per una incidenza complessiva del 17%, attraverso l’abbassamento temporaneo di livelli e scatti di anzianità per tutte le sedi. Questo in aggiunta agli ammortizzatori sociali e al controllo sulla produttività individuale dei lavoratori.
Da parte nostra ribadiamo che la situazione delle lavoratrici e dei lavoratori di Almaviva è talmente delicata da non permettere nessun tipo di strumentalizzazione, perché giocare sulla disperazione di 2511 persone è sbagliato e pericoloso.
Riteniamo che reiterare continuamente la questione dell’art. 4 nasconda di fatto l’incapacità e la non volontà di trovare soluzioni. L’art. 4 è a nostro parere un mero intervento organizzativo, che in alcun modo può incidere nella soluzione del problema economico di Almaviva.
Il Sindacato non si è mai sottratto nel trattare i temi della qualità: Almaviva è ad oggi l’azienda che ha un accordo sul controllo qualità particolarmente complesso e innovativo (Iride); lo stesso sistema che è peraltro largamente inutilizzato dall’azienda.
I sistemi di controllo individuale non costituiscono mai un vantaggio competitivo, perché banalmente diventano patrimonio di tutto il settore poco dopo la sottoscrizione degli stessi in una singola azienda. Casomai possono essere un pezzo di un’organizzazione del lavoro complessa e moderna. I problemi di Almaviva, anche quelli organizzativi e qualitativi, nascono allorquando l’azienda inizia a perdere commesse a vantaggio di una delocalizzazione selvaggia. Se si nega questo si nega l’evidenza.
La crisi di Almaviva è palesemente una crisi di sistema. O si ha fiducia negli interventi di riforma strutturale del settore messi in campo anche in questi giorni da tutti gli attori, non ultimi Governo e Istituzioni, o si continua a usare strumenti che non risolvono minimamente i problemi strutturali e non fanno altro che incidere in peggio sulle condizioni dei lavoratori.
Invece di continuare a difendere posizioni sterili, se tutte le parti in causa sono ancora convinte del fatto che questo settore può avere un vero sviluppo, si dia il tempo agli ultimi provvedimenti adottati di sortire i loro effetti.
Tutto ciò non può che passare da un uso il più possibile intelligente degli ammortizzatori sociali, intesi non come strumento di assistenzialismo bensì come mezzo per permettere all’azienda nella sua interezza di rimanere sul mercato abbastanza a lungo da poter beneficiare degli effetti del riordino del settore.
La dirigenza di Almaviva deve essere consapevole che la nostra richiesta di ammortizzatori sociali non è un modo per scaricare solo sull’azienda il peso della crisi. Gli ammortizzatori sociali, già usati in questi anni, hanno un’incidenza importante sui salari delle lavoratrici e dei lavoratori, che quindi già concorrono in modo responsabile alla ricerca di soluzioni per l’azienda tutta.
Per questi motivi al prossimo incontro previsto per giovedì 15 dicembre difenderemo con forza queste posizioni. Non permetteremo che queste vengano considerate ideologiche né strumentali, bensì basate sull’attenta lettura della crisi aziendale e delle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori.

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