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LE RAGIONI DEL NOSTRO NO ALLA FIRMA DEL CCL RAI

Nella giornata di oggi si è consumata una pagina grave nella storia delle Relazioni Industriali di RAI, dove, per la prima volta da diversi anni a questa parte, l’Ipotesi di rinnovo del Contratto Collettivo di lavoro non ha visto la firma della SLC-CGIL.

Una scelta dolorosa ma ponderata, che è figlia dell’assenza di senso di responsabilità da parte dei vertici aziendali, in particolare, a nostro avviso, dell’Amministratore Delegato che, come al Teatro dell’Opera e al Petruzzelli di Bari, non ha inteso svolgere un ruolo nella ricerca della massima condivisione possibile, ma è sembrato più teso alla ricerca di un “competitore” nel fronte dei rappresentanti dei lavoratori.

Nel merito, il contratto che è stato firmato dalle altre OO.SS., e a cui abbiamo peraltro dato una serie di suggerimenti sostanziali prima della nostra uscita dal tavolo, non ci ha convinto per tre ragioni fondamentali.


1) RAIWAY E CONSOCIATE

La scelta del Presidente del Consiglio Draghi del 7 marzo u.s. che, senza comunicare nulla a nessuno, tranne forse che allo stesso AD, decideva di autorizzare nei fatti la vendita di RAIWAY permettendo di scendere sotto il 51%, rappresenta un discrimine nella storia recente dell’azienda.

La vendita di RAIWAY senza uno straccio di Piano Industriale (eccezion fatta per il compitino delle quattro slides delle Linee Guida presentate in questi giorni), si configura come una sorta di svendita dei (pochi) gioielli di famiglia rimasti, una operazione per fare cassa, che serve solo a dare un po' di ossigeno a quella che sembra una balena sfiancata e prossima ad arenarsi.

Facendo un rapido calcolo, dalla vendita delle azioni liberata dal Decreto della Presidenza del Consiglio verrebbe una cifra utile a pareggiare l’imponente esposizione finanziaria di Rai. Ma quelle azioni si possono vendere una volta sola: un po’ di ossigeno che non risolve i problemi strutturali dell’Azienda, ma, che, alla lunga, la impoverisce. Per non parlare della scarsa logica industriale dell’operazione. Ma del resto, sotto questo profilo, non ci si può attendere molto da un Governo che non sta brillando per trasparenza nel riassetto di tutto il sistema delle comunicazioni.

La nostra richiesta di una clausola di salvaguardia seria ed esigibile per i lavoratori, che permettesse loro di avere un approdo sicuro in caso di eventuali procedure di licenziamento collettivo da parte del possibile acquirente, non è stata accolta da RAI.

Rimane quella formula che troverete nel contratto firmato dalle altre OO.SS. che, lo ripetiamo, poteva andare bene fino al 7 di marzo, ma che ora rischia di sembrare un pannicello caldo a fronte delle possibili cessioni a cui si potrebbe andare incontro in futuro.

Se non si riconosce la possibilità di garantire il rientro dei lavoratori a fronte di una possibile cessione, oggi potrebbe toccare a RAIWAY, domani potrebbero essere le altre consociate (che hanno anche meno mercato), dopodomani ancora chissà cos’altro. Un rischio che, senza garanzie certe ed esigibili, non possiamo e non vogliamo far correre alle lavoratrici e ai lavoratori RAI. In buona sostanza questo è il vero tema della trattativa e, più in generale, di ciò che avverrà in azienda nei prossimi mesi. Per noi, lo “scambio” che andava fatto era quello fra un contratto non necessariamente espansivo in cambio di strumenti esigibili per evitare che, eventuali trasformazioni aziendali non fossero messe in conto ai lavoratori, mediante perdita di occupazione o precarizzazione di quella attuale.

IN QUESTA IPOTESI DI CONTRATTO MANCA QUELLO CHE SERVE ALLE LAVORATRICI ED AI LAVORATORI DELLA RAI. NON BASTA PIU’ L’IMPEGNO AL CONFRONTO, CON LE SFIDE CHE SI TROVERA’ A GESTIRE RAI, SERVONO STRUMENTI CONDIVISI E REALI DI GARANZIA.

2) PARTE ECONOMICA

Abbiamo giudicato insufficienti i minimi salariali proposti, e, soprattutto, abbiamo giudicato insoddisfacente il tentativo di riequilibrio fra ante e post 95 di cui, nel contratto firmato dalle altre OO.SS. s’intravvede un qualche timido ma insufficiente segnale. Riequilibrare fra ante e post 95, facendo venir meno questo non più insostenibile gap fra generazioni che fanno lo stesso lavoro ma sono pagati in modo diverso, era un nostro obiettivo, e, purtroppo non ci siamo riusciti. Anche per questo non riteniamo condivisibile l’ipotesi raggiunta.

3) SMARTWORKING E FINE PRODUZIONE

A parer nostro, l’assenza di ogni forma di ristoro economico (buono pasto, rimborso costi energia elettrica, straordinari) ci ha fatto giudicare il testo ampiamente migliorabile. In particolare, il dover rimettere in discussione la possibilità per molti lavoratori di poter rimanere in smartworking anche dopo il 1° aprile, e dopo due anni di lavoro da casa proficuo ed efficace, ci è sembrato insostenibile. Dire dopo due anni di lavoro da casa che, un lavoratore, fa una mansione non replicabile da casa, ci sembra francamente schizofrenico.

Lo stesso discorso per ciò che riguarda il fine produzione: prorogarlo fino al 30 di giugno, con l’Azienda che ha già anticipato che dovrà cancellarlo per non meglio identificati rischi di sanzione da parte della Corte dei Conti, appare francamente poco sostenibile. Vedremo se l’Azienda cambierà idea (non sarebbe la prima volta): certo è che la SLC-CGIL darà il proprio contributo per far ragionare RAI su questo tema.

Come abbiamo sottolineato in queste pagine, noi abbiamo preso una decisione grave e ponderata, che non pregiudica il rispetto per chi ha fatto una scelta diversa dalla nostra.

Lavoreremo sin da subito, perché questa dolorosa divisione fra la SLC-CGIL e le altre sigle, anche Confederali, venga al più presto superata da un rinnovato spirito unitario. Ma con la stessa onestà, dobbiamo confermare che, l’assenza di un patto vero che permetta al Sindacato di proteggere fattivamente i lavoratori in questa fase di cambiamento, rappresenta davvero un punto di fortissima sofferenza, su cui dovremo continuare a lottare con forza e tenacia.

E del resto non rassicura l’atteggiamento sprezzante del Governo che decide sulla testa della Rai senza confrontarsi, incurante delle ricadute delle proprie decisioni. Ci chiediamo a questo punto cosa succederà da qui in avanti, quando le Istituzioni saranno chiamate a prendere decisioni importanti su Rai, a partire dal nuovo Contratto di Servizio, dal canone in bolletta o dal nuovo tetto al mercato della pubblicità, un meccanismo che penalizza RAI e sul quale l’Amministratore Delegato non risulta abbia fatto grandi battaglie per difendere l’Azienda che dirige. Se questi sono i presupposti, è chiaro che o si conquistano strumenti seri di difesa dei perimetri, o è facile immaginare chi ne pagherà il conto.

Ora la parola passa alle lavoratrici e ai lavoratori RAI, un momento per noi ineludibile, e che ci servirà per definire i successivi passaggi della nostra azione politica.

Intanto, coerentemente con quanto abbiamo deciso, apriremo subito le procedure di raffreddamento a RAIWAY, anche per rafforzare la richiesta all’Amministratore Delegato per un confronto serio su questo tema.

Dopodiché, pianificheremo una fitta rete di assemblee di sigla, per spiegare le nostre ragioni alle lavoratrici e ai lavoratori RAI, in previsione del Referendum che organizzeremo insieme alle altre OO.SS. firmatarie.

Ora è il momento di rimboccarsi le maniche per difendere la più grande Azienda culturale del Paese.

Roma, 9 marzo 2022

La Segreteria Nazionale SLC-CGIL

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