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La Rai sta attraversando uno dei periodi più complicati della propria esistenza. Una difficile situazione economica aggravata dal ritardo nei processi di digitalizzazione e, più in generale, un progressivo allontanamento dell’azienda dal comune sentire del Paese la espongono, come mai forse sino ad oggi, a seri rischi di tenuta. La Rai deve tornare ad essere vissuta, soprattutto fra le cittadine ed i cittadini, come un bene pubblico indispensabile alla coesione sociale, alla crescita culturale e personale. Deve tornare ad essere fattivamente “la più grande azienda culturale del Paese”.

In tale contesto, la Rai, in queste settimane ha dato seguito all’apertura delle procedure di elezione del componente del CDA eletto dalle lavoratrici e dai lavoratori. Un percorso anticipato dalla prematura scomparsa di Riccardo Laganà, alla cui memoria va tutta la nostra stima e rispetto.

Pur avendo in più occasioni espresso, ognuno a proprio modo, perplessità sulla riforma, rimangono le valutazioni sul componente votato dai lavoratori, continuando a pensare che questa figura oggi più che mai rischia di essere strumentalizzata dalla politica, che continua ad avere della Rai un’idea quasi proprietaria e spesso arrogante, siamo comunque consapevoli dell’importanza che questo appuntamento elettorale ha nell’intera vicenda aziendale.

Per queste ragioni pensiamo che prima di discutere sui nomi dei candidati occorra fare un ragionamento su una proposta di “lavoro” che contenga i requisiti minimi di un progetto che non si esaurisca con il voto del candidato o della candidata. Pensiamo che si debba costruire un rapporto che, per prima cosa, si riconosca:
• nei principi fondanti della nostra Carta costituzionale;
• nel valore dell’antifascismo;
• nella cultura dell’inclusione, intesa in tutte le sue sfaccettature;
• nel pluralismo.

Se è urgente riannodare i fili del rapporto fra tutta la società italiana e la Rai, occorre anche rimettere al centro il valore di questa azienda come elemento di promozione dei valori del lavoro, dei diritti e appunto del pluralismo.

In questo senso rimarchiamo come l’attuale stesura del nuovo “Contratto di Servizio”, sia stata l’ennesima occasione persa per aprire un dibattito ampio sull’azienda e sul ruolo che questa dovrà avere nel Paese. Un Paese che attraversa una crisi, nel bel mezzo della transizione digitale, i cui effetti porteranno inevitabili cambi di paradigma sotto molteplici aspetti.

Rimettere la Rai al centro vuol dire iniziare dal rinnovare il ruolo e le prospettive delle migliaia di donne e uomini che vi lavorano quotidianamente. Questo lo si fa rimettendo al centro le capacità e le competenze delle lavoratrici e dei lavoratori, liberandoli dall’abbraccio mortale delle “compatibilità” della politica di giornata e rendendoli di nuovo liberi di pensare, immaginare e produrre informazione, cultura ed intrattenimento, non per compiacere il potente di turno, ma per realizzare i compiti che si addicono appunto alla “più grande azienda culturale del Paese”. Bisogna quindi ripartire da alcuni punti fermi:
• si deve valorizzare la grande ricchezza professionale interna, nel momento in cui le professionalità del settore vengono sottoposte a processi di automazione che rischiano di snaturare ancor di più l’idea stessa di servizio pubblico;
• occorre ridare un ruolo e delle prospettive ai Centri di produzione e alle Sedi regionali, unicità preziosa dell’azienda;
• si deve garantire la certezza delle risorse economiche e finanziarie, per mettere la Rai in condizione di poter avere un futuro di modernità e al passo con i tempi, in termini di investimenti e prodotto editoriale.

Per questi motivi pensiamo che la ricerca di un candidato non possa iniziare dalla fine, ossia dal nome, ma dal capire se su questi temi c’è modo di costruire un fronte, il più ampio possibile, che non esaurisca il proprio compito il giorno dell’elezione, ma che invece continui in modo trasparente, alla luce del sole e nel rispetto del ruolo di ciascuno. Un percorso che permetta a quanti più è possibile di riconoscervisi.

Chiunque verrà eletto avrà bisogno di competenze specifiche, ma anche di un rapporto costante con i vari stakeholders in azienda e nel Paese se vuole andare oltre il ruolo, pur rispettabile, della “testimonianza” ed esercitare fino in fondo un mandato che si proponga di incidere cambiamenti profondi.

Noi, per parte nostra, mettiamo a disposizione il nostro ruolo di rappresentanti dei lavoratori e delle lavoratrici in questo che, a nostro parere, deve diventare l’inizio di un lavoro di confronto, di scambio di idee e priorità, ma anche di mobilitazione intorno a obiettivi condivisi.

Siamo consapevoli dell’esiguità del tempo che abbiamo davanti, ma confidiamo nelle tante energie che animano quotidianamente quest’azienda e delle forti aspettative nel ruolo strategico della Rai che nel Paese ancora pervadono migliaia di donne e uomini. Noi siamo pronti da subito.

Roma, 10 ottobre 2023

Le Segreterie Nazionali
Slc-Cgil, Fistel-Cisl

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