Slc Cgil, Uilcom Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater e Libersind-ConfSal hanno aperto le procedure per indire lo sciopero nazionale dei lavoratori di Rai Way contro la svendita della società del Gruppo Rai che ha la proprietà degli impianti trasmittenti.
I sindacati di categoria rispondono così alle scelte del Consiglio di Amministrazione Rai di cedere parte della proprietà della società pubblica che gestisce la rete trasmittente del servizio pubblico radio televisivo, in ossequio ad una indicazione del Governo avente come unica finalità la copertura economica delle richieste generate dal decreto Irpef convertito in legge 89/2014.
Questo senza alcuna valutazione su misure alternative che gli stessi sindacati negli ultimi incontri erano disposti a mettere in campo.
Il dubbio è che dietro tale operazione ci siano gruppi di potere pronti ad aggiudicarsi un asset prezioso, già interamente convertito al digitale grazie ad un investimento della Rai di 400 milioni di euro, e dall’altra l’interesse a depotenziare e marginalizzare la Rai sul mercato radio televisivo e nella fornitura di servizi legati alla trasmissione di contenuti.
Ci sono mille incognite dietro l’operazione su cui Viale Mazzini sta procedendo in grande fretta. Non si sa se la collocazione in borsa sia legittima (sarebbe utile un pronunciamento di Consob e Agcom in tal senso) nè si sa se le azioni saranno vendute ai cittadini oppure ad aziende che pretenderanno di essere presenti nel nuovo consiglio di amministrazione e quindi di dirigere l’azienda pubblica con fini diversi da quelli indicati nei contratti di servizio.
Per esplicitare la loro contrarietà alla vendita ed avere chiarimenti sul futuro dell’azienda, Slc Cgil, Uilcom Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater e Libersind-ConfSal, contemporaneamente all’apertura delle procedure per lo sciopero, hanno chiesto, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, l’apertura di un tavolo di confronto istituzionale alla presenza dei vertici Rai Way e Rai.
Rai Way è per la Rai un asset fondamentale per veicolare i contenuti, per agire sul mercato e per ottenere nuovamente la concessione di servizio pubblico.
"Vorremmo che le istituzioni, come è accaduto in passato, si prendessero in carico la questione e rispondessero ai lavoratori della Rai e ai cittadini italiani su quale futuro si prospetta per il servizio pubblico radio televisivo. La sensazione è che qualcuno stia decidendo il ridimensionamento della Rai a favore di altri, coprendo tale atto con una consultazione popolare e populistica priva di qualsiasi trasparenza, competenza e logica d’impresa".